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Salta la ratifica del CETA al Senato

L'accordo UE-Canada, osteggiato da una vasta coalizione di organizzazioni e cittadini, fa tremare la maggioranza. Che decide di far slittare la ratifica

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Troppe proteste, Palazzo Madama toglie il CETA dal calendario

 

(Rinnovabili.it) – Il Senato non voterà la ratifica del CETA. Almeno non oggi. Il controverso accordo commerciale UE-Canada sparisce dal calendario dell’Aula, dove sarebbe dovuto approdare questa mattina. Esultano le organizzazioni ambientaliste e della società civile, che hanno fatto ripetute pressioni sui senatori in queste settimane per ottenere uno stop del processo di approvazione. Hanno pesato anche le preoccupazioni delle regioni, perfino quelle a guida Pd, che hanno affidato a delibere e mozioni la loro contrarietà al CETA. Lazio, Lombardia, Veneto, Puglia, Calabria, Marche e Valle d’Aosta hanno già assunto posizioni critiche, mentre Liguria, Toscana ed Emilia andranno al voto oggi stesso, aumentando la pressione sulla maggioranza che a Palazzo Madama sostiene l’accordo.

Dacché doveva trattarsi di un passaggio quasi formale, la ratifica del CETA in Italia si è trasformata in tema da campagna elettorale, con sindacati e agricoltori particolarmente attivi nel supportare le posizioni sostenute da anni dalla campagna Stop TTIP Italia, nata in opposizione al trattato UE-USA oggi in congelatore. L’escalation ha causato spaccature all’interno dei democratici, ma anche di Forza Italia, che insieme al Pd in questa fase appoggia il CETA. Un esempio delle defezioni interne è la nascita di un intergruppo parlamentare la scorsa settimana, che ha assunto il mandato di fare lobby sui colleghi per far loro cambiare idea sull’opportunità di votare in fretta la ratifica.

 

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Evidente la stizza dei Ministri più favorevoli all’accordo UE-Canada: Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico in quota Confindustria, e Maurizio Martina, alla guida delle Politiche Agricole. Quest’ultimo ha tentato un’ultima mossa del cavallo, accostando l’impegno del governo sulla trasparenza in etichetta (firmando i decreti per l’inserimento dell’origine delle materie prime per la pasta e il riso) ai benefici che potrebbe trarne il Made in Italy nel mondo. Ma gli agricoltori non hanno ceduto, preoccupati che queste misure possano essere vanificate dall’eventuale flusso di importazioni di prodotti a basso costo realizzati in Canada. L’ampio vuoto normativo CETAe la discrezionalità che il CETA lascia sugli OGM è un altro punto che preoccupa associazioni e produttori agricoli, così come le stime di impatto sull’occupazione (fino a 30 mila posti di lavoro persi solo in Italia) alimentano l’inquietudine dei sindacati.

Gli ambientalisti, da Greenpeace a Legambiente, non vedono di buon occhio le differenze di approccio tra UE e Canada sui pesticidi, dal momento che oltreoceano si utilizzano un centinaio di sostanze chimiche vietate nel vecchio continente. A ciò si aggiunge la vasta contrarietà al sistema giudiziario parallelo che il trattato prevede, e che si dovrebbe concretizzare in una corte internazionale accessibile solo agli investitori esteri, dinanzi alla quale gli stati potranno comparire in giudizio ed essere costretti a risarcire aziende scontente di nuove leggi troppo restrittive.

In questo clima ostile, anche il Parlamento ha dovuto frenare la sua corsa verso l’approvazione. Salvo blitz in pieno agosto, la partita del CETA sembra sospesa fino all’autunno, quando però la campagna elettorale infiammerà il dibattito pubblico e un tema tanto controverso potrebbe ritorcersi contro i suoi sostenitori.