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Rischio idrogeologico: ecco i 10 edifici a “effetto bomba”

L’ultimo dossier di Legambiente individua gli edifici che amplificano i danni degli eventi climatici estremi in Italia e le soluzioni per metterli in sicurezza

rischio idrogeologico
Il tribunale di Borgo Berga di Vicenza

 

(Rinnovabili.it) – Sono “bombe a orologeria” pronte a esplodere, con un passato caratterizzato da pesanti alluvioni e frane, e un presente molto incerto . Sono i dieci luoghi ad alto rischio idrogeologico, dove sono stati edificati altrettanti edifici, pubblici e privati, che ora minacciano la sicurezza di cittadini e territori. Ad invidiarli è oggi Legambiente che nel suo dossier “Effetto Bomba”, ci racconta e mostra quelle che sono autentiche situazioni di emergenza dove occorre intervenire, casi simbolo con edifici collocati in aree R3 e R4 di rischio idrogeologico che mettono in pericolo vite umane e richiedono notevoli spese per riparare i danni, di anno in anno più elevate.

 

I 10 edifici da demolire o delocalizzare

La lista di Legambiente comprende: il tribunale di Borgo Berga di Vicenza costruito tra due fiumi; la Casa dello Studente di Reggio Calabria edificata all’interno di una fiumara; il Centro Multisala Cinema di Zumpano (Cs), edificato su una scarpata vicino al fiume Crati; la Scuola di Aulla realizzata sul letto del fiume Magra; il centro Commerciale in provincia di Chieti, realizzato a soli 150 metri dall’argine del fiume Pescara; l’edificazione in area a rischio sul torrente Coriglianeto (Cs); le segherie di Carrara adiacenti all’alveo fluviale; l’area artigianale di Genova; il deposito di materiali radioattivi di Saluggia.

 

Per scongiurare tragedie occorre intervenire subito e, come spiega il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti, “tutti i soggetti coinvolti (Ministeri, Regioni, Autorità di bacino, uffici tecnici comunali, ordini professionali, associazioni di categoria, commercianti, artigiani, comitati e cittadini), dovrebbero avviare una concertazione con l’obiettivo di rivedere la programmazione degli interventi e predisporre opportuni vincoli sulle aree oggetto degli interventi di delocalizzazione, individuando soluzioni procedurali e economiche per realizzare gli interventi di demolizione e delocalizzazione”.

 

E’ necessario, anche e soprattutto, inserire gli interventi di delocalizzazione all’interno della pianificazione di bacino (a partire dai Piani di gestione del rischio alluvioni), e in un programma più ampio di politiche di adattamento ai cambiamenti climatici e riqualificazione urbana. “Di fronte a questo scenario – ha dichiarato il vice presidente di Legambiente Edoardo Zanchini -servono scelte nuove e radicali: in caso di edifici che mettono a rischio le persone che vi abitano o vi lavorano e anche chi sta intorno, l’unica scelta possibile è quella della demolizione e delocalizzazione delle attività. Per questo ci aspettiamo un impegno in tal senso e un segnale di discontinuità da parte del Governo, a partire dall’appuntamento degli Stati generali sul clima di lunedì prossimo”.