Ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo prendono tempo, facendo slittare la pubblicazione dei siti per il Deposito nazionale delle scorie nucleari
(Rinnovabili.it) – La Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (Cnapi) a ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari non ha avuto il via libera il 20 agosto. I ministeri competenti, secondo fonti ministeriali consultate dall’Adnkronos, si prenderanno del tempo per esaminare più a fondo il suo contenuto. Slitta così tutto il procedimento di pubblicazione delle zone scelte dalla Sogin, società deputata al decommissioning degli impianti nucleari italiani. E forse il governo prende un po’ di respiro prima di gettarsi a capofitto in un polverone che quest’autunno si solleverà da tutti i territori indicati come potenziali destinatari per la costruzione del sito.
Data che ora è nuovamente slittata. Ma il governo non può sottrarsi alla polemica. Il nostro Paese ha l’obbligo di dar vita ad un sito di stoccaggio permanente dei rifiuti atomici, sancito dalla Direttiva europea 2011/70 Euratom, che impone ad ogni Stato membro la realizzazione di un deposito in grado di ospitare in sicurezza il combustibile nucleare esaurito e i rifiuti radioattivi, anche derivanti dagli impieghi medicali, di ricerca e industriali. Sono 23 i siti italiani che attualmente ospitano rifiuti radioattivi (guarda la mappa).
Si sa soltanto che saranno certamente escluse tre regioni: Marche, Umbria e la quasi totalità dell’Emilia Romagna, per il rischio sismico. Secondo Alessandro Bratti, presidente della commissione di inchiesta sui rifiuti, dovrebbe essere escluso il 70% del territorio nazionale. Se verranno rispettati i criteri di esclusione utilizzati dall’Ispra, dell’Italia peninsulare restano in pratica solo la parte meridionale della Puglia, piccole zone della Basilicata ionica e del Molise e alcune zone costiere della Campania, del Lazio e della Toscana. Se così sarà, per il Centro e Sud Italia si attende un autunno molto caldo.