Attraverso un’indagine documentale ed azioni sul campo con telecamere nascoste, l’Unità investigativa di Greenpeace Italia svela e denuncia il coinvolgimento dell’Italia nel traffico illegale di rifiuti verso la Malesia
Il traffico illegale di rifiuti verso la Malesia ha coinvolto finora decine di paesi di Asia, Europa e Nord America
(Rinnovabili.it) – Il traffico illegale di rifiuti diretti in Malesia coinvolge anche l’Italia. Nei primi 9 mesi del 2019, il Bel Paese ha spedito più di 1300 tonnellate di rifiuti in plastica ad aziende malesi prive di impianti e permessi necessari allo smaltimento ed al riciclo.
A denunciarlo è la nuova indagine dell’Unità Investigativa di Greenpeace Italia, secondo la quale su un totale di 2.880 tonnellate di rifiuti plastici spediti per via diretta in Malesia, il 46% sarebbe stato inviato a impianti che operano senza alcun rispetto per ambiente e la salute umana.
Grazie alla collaborazione con il governo di Kuala Lumpur, l’ONG è entrata in possesso di documenti riservati e contenenti i nomi delle 68 aziende malesi autorizzate a importare e trattare rifiuti in plastica dall’estero. Da qui, l’avvio di un’indagine sul campo, effettuata mediante telecamere nascoste che ha permesso di ottenere testimonianze video da alcune delle aziende malesi disposte a importare illegalmente i nostri rifiuti.
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“Pochi mesi fa abbiamo mostrato le drammatiche conseguenze sanitarie e ambientali delle esportazioni di rifiuti in plastica dall’Italia verso la Malesia. Ora, con questa nuova inchiesta, sveliamo le illegalità che si celano dietro questi fenomeni – dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – Si tratta di una situazione inaccettabile che conferma, ancora una volta, l’inefficacia del sistema di riciclo e la necessità di adottare misure urgenti per ridurre la produzione di quella frazione di plastica, spesso inutile e superflua, rappresentata dall’usa e getta”.
Il traffico illegale di rifiuti verso la Malesia ha negli ultimi mesi coinvolto decine di Paesi tra Asia, Europa e Nord America. Nell’arco di appena un anno, gli osservatori della Global Alliance for Incinerator Alternatives (Gaia) hanno segnalato decine di villaggi in Indonesia, Tailandia e Malesia, trasformati in vere e proprie discariche a cielo aperto, zeppe di rifiuti esportati illegalmente dai cosiddetti Paesi sviluppati.
Un business enorme, al quale il governo malese – primo fra tutti – ha più volte tentato di porre un freno. A fine gennaio sono stati “rimpatriati” verso i paesi d’origine (principalmente Francia, UK, USA, Canada e Spagna) oltre 150 container arrivati illegalmente nei porti malesi e il Ministero dell’Energia ha annunciato il Piano d’azione nazionale per l’importazione di rifiuti di plastica al fine di “rafforzare e standardizzare le attività e le procedure di contrasto” al traffico illegale di rifiuti.
La Malesia non può comunque essere lasciata sola: il primo modo per evitare che le migliaia di tonnellate di rifiuti provenienti da Europa e Stati Uniti trasformino il paese nella “discarica del mondo” è necessario innanzitutto fermarne l’invio. Per quanto ci riguarda – ha evidenziato Greenpeace Italia – di fronte a questa situazione il governo italiano non può più continuare a chiudere gli occhi, ma deve assumersi le proprie responsabilità e intervenire subito per porre fine a questi traffici illeciti di rifiuti.
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