Una delegazione ufficiale dell’Unione Europea ha incontrato il 17 marzo 2014 le multinazionali degli OGM per parlare di una loro inclusione nel TTIP
(Rinnovabili.it) – Domani il Parlamento Europeo voterà in plenaria la Relazione Lange, testo di indirizzo per i futuri negoziati che la Commissione Europea porta avanti sul TTIP. Più volte Bruxelles ha rassicurato che gli OGM non sarebbero stati oggetto della trattativa con gli Stati Uniti: nella sezione “Domande/Risposte” del portale dedicato al TTIP istituito dalla Commissione, al quesito «Il TTIP obbligherà l’UE a modificare la sua legislazione in materia di organismi geneticamente modificati?», la replica è «No […] Le norme comunitarie fondamentali in materia di OGM […] non sono negoziabili. Non saranno modificate dal TTIP».
Invece, gli organismi geneticamente modificati sono a pieno titolo sul tavolo negoziale dell’accordo di libero scambio con gli USA, come dimostrano alcune email ottenute tramite il Freedom Information Act dal Corporate Europe Observatory. I messaggi raccontano di un incontro fra lobby dell’industria e delegati europei nel marzo 2014 a Washington, mostrando la strategia delle multinazionali del biotech: esse stanno spingendo per ottenere che i prodotti transgenici cosiddetti di “prossima generazione” sfuggano alla legislazione europea in materia e vengano perciò autorizzati senza alcuna etichettatura.
In parole povere, non solo c’è il pericolo che alimenti geneticamente modificati si riversino nei nostri confini con l’approvazione del TTIP, ma addirittura si rischia di non poterli riconoscere perché potrebbero non essere segnalati. A questo punto, anche il consumatore più attento potrebbe acquistare OGM senza saperlo.
Quattro ragioni per temere gli OGM nel TTIP
Prima ragione: il mutuo riconoscimento – L’industria sostiene che la semplificazione delle procedure promossa dal TTIP per snellire i commerci non costringerebbe l’Unione Europea a cambiare le proprie leggi più cautelative. Ma questa non è una garanzia: i regolamenti possono essere lasciati intatti e bellamente aggirati, tramite il meccanismo di mutuo riconoscimento proposto dalle lobby. Questa formula implicherebbe l’accettazione di prodotti fabbricati negli Stati Uniti anche secondo prescrizioni diverse da quelle comunitarie.
Seconda ragione: OGM di nuova generazione – C’è attesa fra le lobby del biotech per capire se i “nuovi OGM” debbano sottostare ai regolamenti europei oggi in vigore oppure no. Il termine “nuovi” indica la loro produzione tramite tecniche sviluppate negli ultimi anni per ingegnerizzare organismi viventi. Esse vanno dalla cisgenesi a processi che adoperano gli oligonucleotidi, le nucleasi (enzimi che tagliano il DNA) o l’epigenetica. È possibile che la definizione di OGM contenuta nella direttiva 2001/18 non sia applicabile ai prodotti ottenuti con queste nuove tecniche, e la Commissione Europea sta lavorando a un aggiornamento da 7 anni senza successo. Se così fosse, essi potrebbero finire nel mercato europeo senza nemmeno l’etichettatura. Data l’avversione europea per il biotech, l’invisibilità è l’unica condizione per il successo commerciale degli alimenti geneticamente modificati.
Terza ragione: quel che è CETA sarà TTIP – L’accordo commerciale UE-Canada (CETA) appena concluso e in attesa di ratifica del Parlamento Europeo, è il testo su cui la Commissione si sta basando per i negoziati sul TTIP. Esso può dunque fornire un’immagine verosimile del futuro Trattato transatlantico. Il testo del CETA propone di «cooperare a livello internazionale su questioni relative alle biotecnologie come la presenza a basso livello di organismi geneticamente modificati». Attualmente l’Unione Europea tollera soltanto OGM per alimenti e mangimi elencati nel registro europeo e la loro presenza deve essere obbligatoriamente dichiarata in etichetta se superiore allo 0.9%.
Quarta ragione: le email della Commissione – Il Corporate Europe Observatory ha ottenuto da Bruxelles, dietro richiesta legale, email che mostrano come le nuove tecniche di produzione del biotech siano oggetto di discussione sul tavolo del TTIP dei funzionari USA e UE, con la supervisione delle lobby dell’industria. I testi rivelano che delegazioni ufficiali degli Stati Uniti e dell’Unione hanno avuto un incontro il 17 marzo 2014 con le associazioni dell’industria dei semi di entrambi i continenti (Seed, ASTA ed ESA), trainate dalle ben note Monsanto, Syngenta, Bayer, BASF, Limagrain e Du Pont/Pioneer. Ad incontro avvenuto, il 21 marzo, la delegazione europea ha fatto circolare una email ai colleghi della DG SANCO (Direzione Generale Salute e Consumatori) con le richieste delle aziende.
«Entrambe le associazioni dei semi si concentrano su tre temi prioritari per il TTIP: aspetti fitosanitari e ruolo che il gruppo di lavoro bilaterale può svolgere in questo senso, nuove tecniche di allevamento delle piante (entrambi non vedono specifica esigenza di regolamentazione) e presenza di OGM nelle sementi convenzionali».
Il voto cruciale del Parlamento
Il Parlamento Europeo si appresta ad un voto che ritiene sufficiente a salvaguardare le specificità comunitarie. Molti rappresentanti politici eletti dagli Stati membri, Italia compresa, affermano che l’agricoltura di qualità non verrà intaccata dal TTIP e che gli OGM non sono oggetto di trattativa. Queste affermazioni, al momento non sono suffragate da prove. Anzi, semmai sono da esse smentite.