Determinare il potenziale valore allergenico di un’area verde è utile per stabilire le misure correttive dirette a minimizzarne l’impatto attraverso progetti di mitigazione.
Contenuto realizzato nell’ambito del progetto CNR 4 Elements
di Marina Maura Calandrelli e Luigi De Masi
Nelle città contemporanee si va diffondendo sempre più il concetto di Urban Nature, inteso come l’insieme delle forme e dei modi con cui la natura diventa parte dei paesaggi urbani. Un parco pubblico è realizzato per molteplici finalità che soddisfano la crescente richiesta della popolazione di uno spazio verde vivibile all’interno del caos cittadino, dotato di aria depurata e di ridotto inquinamento acustico, dove ritrovare la connessione con se stessi e la natura. Si tratta di oasi verdi interessanti per l’aspetto ornamentale delle specie vegetali nonché per la vasta gamma di benefici che offrono alla cittadinanza in termini di servizi ecosistemici. Tuttavia, si sottovaluta il potenziale rischio che alcune piante possono costituire per la salute umana. Il contatto diretto e prolungato con la flora urbana può causare effetti negativi per chi soffre di allergie ai pollini (pollinosi).
Il polline è prodotto dalle piante a seme (spermatofite) con lo scopo di trasportare le cellule sessuali (gameti) maschili in modo che possano raggiungere i gameti femminili non mobili attraverso l’impollinazione. La dispersione del polline può avvenire ad opera di fattori esterni biotici quali gli insetti pronubi (impollinazione entomofila) e abiotici quali il vento (anemofila).
Una volta che si deposita su di un pistillo (angiosperme) o un cono femminile (gimnosperme), il polline può germinare producendo un tubetto pollinico attraverso il quale il gamete maschile raggiunge il gamete femminile per dare origine a un nuovo individuo attraverso la fecondazione. Il polline è costituito da microscopici granuli che, per forma e dimensione, sono una caratteristica peculiare di ciascuna specie vegetale. I granuli pollinici di alcune piante contengono delle sostanze (allergeni) in grado di scatenare reazioni allergiche: proteine indispensabili per la funzione riproduttiva del polline, principalmente per la formazione delle pareti cellulari ed enzimi con funzione idrolitica necessari per lo sviluppo del tubetto pollinico.La pollinosi si manifesta con cadenza stagionale, durante il periodo della pollinazione, in soggetti diventati sensibili ai pollini di determinate famiglie di piante. La primavera è la stagione in cui la concentrazione dei pollini allergenici aerodispersi diventa più consistente e in cui si osserva la massima varietà di specie. Cosa da non sottovalutare, dal momento che il 15-20% dei soggetti affetti da patologie allergiche in Europa presenta manifestazioni gravi; si stima che l’asma allergico colpisca il 5-12% della popolazione europea. In Italia i fenomeni di pollinosi interessano il 25-30% della popolazione con manifestazioni a carico delle mucose del naso e degli occhi, mentre il 10% è soggetto a disturbi dell’apparato respiratorio.
Secondo i dati dell’OMS, la pollinosi si colloca ai vertici delle malattie croniche, inoltre l’urbanizzazione e gli alti livelli di emissioni dei veicoli sono correlati ad un aumento della frequenza delle allergie respiratorie indotte dai pollini; ciò a causa della maggiore sensibilità della mucosa rinocongiuntivale agli effetti irritanti degli inquinanti atmosferici dei soggetti affetti da pollinosi. Di conseguenza, nelle aree caratterizzate da un intenso inquinamento ambientale la suscettibilità agli allergeni può aumentare, con l’aggravarsi dei sintomi correlati alle malattie respiratorie, come rinite, asma bronchiale allergico e broncopneumopatia cronica. E’ quindi importante conoscere con tempestività quali pollini investono l’aria all’interno delle aree verdi delle nostre città.
L’uso ricorrente di specie anemofile nella selvicoltura urbana, a cui si aggiungono pollini di provenienza esterna trasportati dal vento, polveri e altri inquinanti, contribuisce ad aumentare l’allergenicità dell’ambiente urbano. Da qui l’esigenza di rendere le aree verdi pubbliche dei luoghi sicuri e sani per i cittadini, già nelle fasi progettuali propedeutiche alla loro realizzazione. Nella scelta delle piante occorre pertanto porre particolare attenzione al loro grado di allergenicità e non solo all’aspetto estetico-funzionale. I fattori meteorologici condizionano i volumi di granuli pollinici emessi dalle piante e dispersi nell’atmosfera, la data di inizio e la durata della fioritura. Il cambiamento climatico, anticipando e allungando la stagione dei pollini e favorendo la diffusione geografica di piante allergeniche, può aggravare la situazione. Le piante risentono fortemente delle condizioni climatiche locali: la fase di rilascio del polline è controllata dall’umidità e dalla temperatura dell’aria, mentre la velocità e la direzione del vento ne influenzano la dispersione e diffusione. La previsione di questi andamenti consentirebbe di adottare comportamenti corretti e di avviare terapie che consentono di ridurre i sintomi da esposizione. Per stimare il potenziale valore dell’allergenicità (PAV) di ciascuna specie vegetale, sempre più frequentemente sono utilizzati e testati specifici indici che mettono in relazione la tipologia di dispersione del polline, la durata del periodo di impollinazione e il potere allergenico intrinseco dovuto alla presenza di allergeni, in modo da classificare le piante secondo il loro grado di rischio allergenico. In uno studio del CNR (Rispo et al., 2020), questo indice è stato testato su 50 specie (di 27 famiglie di piante), presenti su un’area verde urbana di circa 60 ettari del sud d’Italia, rappresentate per l’84% da specie decidue, per il 10% da conifere e per il 6% da palme.
Lo studio ha evidenziato che solo 5 specie erano altamente allergeniche (10%), mentre 7 erano moderatamente allergeniche (14%), 22 mostravano un basso potere allergenico (44%), mentre per 16 specie (32%) non c’era evidenza che il polline potesse essere responsabile di sensibilizzazione allergica. Complessivamente, il verde del parco non sembra costituire un serio rischio per allergie respiratorie.
In definitiva, determinare il potenziale valore allergenico di un’area verde diventa utile per stabilire le misure correttive dirette a minimizzare l’impatto allergenico attraverso progetti di mitigazione. Nelle aree verdi già esistenti, le misure dovrebbero mirare alla progressiva riduzione delle fonti di polline, sostituendo alla loro morte le varietà allergeniche, considerato che un albero in ambiente urbano vive statisticamente il 40% in meno della corrispondente specie selvatica. Inoltre, la sostituzione selettiva di un albero ogni tre ad alto potenziale allergenico potrebbe ridurre l’emissione di polline locale del 30%. Altri consigli sono di evitare di piantare alberi maschili e limitare l’utilizzo di specie allergeniche soprattutto nelle siepi e lungo i viali. Nell’attesa che i gestori dei parchi urbani attuino le misure per ridurne il potenziale allergenico, è consigliabile che i soggetti a rischio di pollinosi siano informati sulle specie vegetali presenti e sul loro grado di allergenicità. Tali informazioni potrebbero essere fornite dotando gli spazi verdi urbani di opportuna segnaletica che evidenzi il potenziale rischio allergologico ed i periodi di maggior rischio di esposizione. Queste notizie più puntuali andrebbero ad aggiungersi a quelle reperibili dai bollettini meteo sui pollini che contengono informazioni sulle principali varietà di piante presenti nelle città e i periodi di maggiore rischio d’esposizione per la fioritura contemporanea di specie con più alto potenziale allergenico. In alcune realtà straniere sono state realizzate applicazioni scaricabili sui propri smartphone, che riportano previsioni sulla carica pollinica giornaliera e indicazioni sul rischio di allergia che viene personalizzato in base ai propri disturbi aggiornando il calendario dei pollini, per essere sempre informati in tempo reale.
di Marina Maura Calandrelli e Luigi De Masi (IRET-CNR)