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Vertice sul clima COP28: a che punto siamo sull’addio alle fossili?

Tutte le opzioni considerate nel nuovo testo in discussione citano il phase out. Ma l'esito è ancora aperto e l'obiettivo può essere indebolito. Molte opzioni ancora in discussione anche sugli altri punti più importanti della Global Stocktake

Vertice sul clima COP28: a che punto siamo sull’addio alle fossili?
crediti: UNclimatechange via Flickr CC BY-NC-SA 2.0 DEED

Tutte le opzioni in discussione parlano di phase out

(Rinnovabili.it) – A 48 ore dalla fine del vertice sul clima COP28 manca ancora una bozza “pulita” sul Global Stocktake, il documento che contiene gli obiettivi potenzialmente più ambiziosi che usciranno dalla conferenza di Dubai. Addio alle fossili, triplicare la capacità installata di rinnovabili entro il 2030, obiettivi su mitigazione e adattamento: tutti i capitoli sono ancora in discussione, con ben pochi punti fermi.

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Il punto sull’addio alle fossili

Gran parte della discussione, negli ultimi giorni, si è concentrata sullo stop ai combustibili fossili. Rispetto al testo precedente, quello su cui i delegati nazionali stanno lavorando è passato da 3 a 5 opzioni (l’ultima è “nessun testo”). Con alcuni aspetti positivi e altri meno. Uno spicca sugli altri, ed è positivo: tutte le opzioni parlano di phase out. Vediamoli nel dettaglio.

Opzione 1 – “Un’eliminazione graduale dei combustibili fossili in linea con la miglior scienza disponibile”. La versione più forte e ambiziosa che può entrare nel testo finale. Rispetto alla bozza precedente, quella datata 8 dicembre aggiunge il riferimento alla scienza del clima. Non dà un orizzonte temporale né una tabella di marcia, ma il riferimento alle evidenze scientifiche copra in qualche modo questo gap.

Opzione 2 – “Eliminazione graduale dei combustibili fossili in linea con la miglior scienza, i percorsi per 1,5°C dell’IPCC e i principi e le misure dell’Accordo di Parigi”. Rispetto all’opzione precedente, questa aggiunge un riferimento al target degli 1,5 gradi: è un modo per assicurarsi che il phase out inizi subito e non venga procrastinato. Ma c’è anche il riferimento ai principi di Parigi, tra i quali figurano le “responsabilità comuni ma differenziate” (ricordate anche altrove nel documento sulla Global Stocktake). Principio che comporta un addio alle fossili accelerato nei paesi con le maggiori responsabilità nella crisi climatica.

Opzione 3 – “Un’eliminazione graduale dei combustibili fossili non abbattuti riconoscendo il bisogno di un picco nel loro consumo entro questo decennio e sottolineando l’importanza per il settore energetico di essere in larga parte libero da combustibili fossili ben prima del 2050”. Rientra l’”unabated”, il riferimento molto vago alla possibilità di usare tecnologie di cattura e stoccaggio della CO2. Si tratta quindi di una riduzione delle emissioni fossili e non dei combustibili fossili. Non tocca la produzione e il modello di business dell’industria oil&gas.

Opzione 4 – “Eliminazione graduale dei combustibili fossili non abbattuti e riduzione rapida del loro uso in modo da raggiungere emissioni di CO2 nette zero nei sistemi energetici entro o attorno a metà secolo”. Si parla solo di uso e non di produzione, salta il riferimento all’orizzonte 2030 sostituito da un vago “rapido”, si parla solo di CO2 e non di tutte le emissioni, e la data ultima per completare il phase out slitta a dopo il 2050 (quanto dopo non viene detto).

Gli altri dossier caldi al vertice sul clima COP28

Anche altri aspetti del testo sulla Global Stocktake restano ancora lontani dalla loro forma definitiva. In questa fase alla COP28 di Dubai manca un riferimento al target degli 1,5 gradi nel preambolo, la parte di documento che dovrebbe contenere i principi cardine che informano a cascata tutto il resto della bozza. Anche se gli 1,5°C vengono citati in altri paragrafi, è un modo meno forte di ricordare l’obiettivo più ambizioso di Parigi.

C’è invece un riferimento piuttosto forte alle responsabilità comuni ma differenziate (CBDR), principio che è alla base della diplomazia del clima dalla conferenza di Rio del 1992 ma oggi ancora più importante agli occhi dei paesi in via di sviluppo perché permette di impostare percorsi realmente differenti su target ambiziosi come, ad esempio, il taglio graduale della produzione di petrolio e gas. Un punto su cui il preambolo ritorna, ad esempio citando al punto 8 le responsabilità storiche e impostando percorsi di transizione accelerati per i paesi più responsabili della crisi climatica, che dovrebbero “guidare sulle azioni di mitigazione”.

Manca chiarezza anche sul picco delle emissioni, un altro parametro chiave per misurare la rapidità della transizione. Le due opzioni in ballo per ora citano una il 2025 – in linea con quanto emerge dai rapporti IPCC – e l’altra non mette invece una data ma fa appello al non sforare i budget di carbonio nazionali, un modo per integrare il principio CBDR. Le sezioni del documento sulla finanza climatica, infine, non sono ancora arrivate a una convergenza. Le opzioni segnalate riflettono, sostanzialmente, le diverse posizioni che gli stati avevano prima di arrivare al vertice sul clima COP28.