Al centro del documento c’è la lotta al cambiamento climatico. L’Europa sgomita per recuperare influenza in una regione dove Stati Uniti, Russia e Cina la fanno da padrone. Il clima è il grimaldello giusto per riuscirci. Oltre al blocco dello sfruttamento di idrocarburi, l’UE vuole tener d’occhio le emissioni di metano e eventuali agenti patogeni sprigionati dal disgelo del permafrost
La Commissione ha pubblicato il 13 ottobre la nuova Strategia per l’Artico
(Rinnovabili.it) – L’UE non fa parte del Consiglio Artico, l’organo che coordina le politiche internazionali sulla regione più settentrionale del pianeta. E anche se Danimarca, Svezia e Finlandia siedono in quel consesso, non ha neppure molta influenza nella regione. Almeno finora. Per cambiare marcia, Bruxelles colora di verde la sua nuova strategia per l’Artico.
Bando alle trivelle
Uno dei perni della strategia per l’Artico presentata oggi (leggi qui il documento, in inglese) è la lotta alle trivelle. Bruxelles farà leva sul suo ruolo di leader globale nel contrasto al cambiamento climatico per promuovere un bando totale dello sfruttamento di ogni risorsa idrocarburica della regione, dal carbone al petrolio passando per il gas.
Multilateralismo e stretto lavoro con i partner internazionali sono i binari su cui si muoverà l’azione europea. La Commissione, si legge nella Strategia per l’Artico, “collaborerà con i partner per un obbligo giuridico multilaterale di non consentire alcun ulteriore sviluppo di riserve di idrocarburi nell’Artico o nelle regioni contigue, né di acquistare tali idrocarburi se dovessero essere prodotti”. L’UE, contestualmente, riconosce che è lei stessa un importatrice di idrocarburi dalla regione.
Il clima al centro della Strategia per l’Artico
Le ragioni per agire in questa direzione sono molte. Il rappresentante UE per la politica estera, lo spagnolo Josep Borrell, annuncia che sarà aperto in Groenlandia (l’isola è sotto sovranità danese) un ufficio di rappresentanza europeo. “L’Artico sta cambiando rapidamente, a causa dell’impatto del riscaldamento globale, dell’aumento della concorrenza per le risorse naturali e delle rivalità geopolitiche”, ha sottolineato Borrell, alludendo alla competizione per la Rotta del Mare del Nord (ormai percorribile per gran parte dell’anno), alla militarizzazione in aumento nell’area, e al pressing di Stati Uniti, Russia e Cina su una delle regioni più fragili del pianeta.
”La regione artica si sta riscaldando tre volte più velocemente rispetto al resto del pianeta”, gli fa eco Virginijus Sinkevičius, Commissario per l’Ambiente, la pesca e gli affari marittimi. Visto che “lo scioglimento del ghiaccio e lo scongelamento del permafrost nell’Artico accelerano ulteriormente il cambiamento climatico e hanno enormi effetti a catena”, l’Europa vuole garantire “un forte legame tra l’impegno dell’UE nell’Artico e la nostra politica climatica, il Green Deal europeo e la sua dimensione di economia blu”.
Occhio alle emissioni di metano
Non è tutto qui. L’Europa mette anche il secondo piede ben saldo nell’Artico con più attenzione alle emissioni di metano. L’UE vuole finanziare di più la ricerca sullo scioglimento del permafrost e le sue conseguenze, tra cui spicca il rilascio in atmosfera di ingenti quantità di CH4, rimasto stoccato per millenni. Il metano è un gas serra con potere climalterante 80 volte superiore a quello della CO2, anche se resta in atmosfera per meno tempo, ed è responsabile di circa metà del riscaldamento globale accumulato finora dall’epoca pre-industriale.
“Oltre il 70% delle infrastrutture artiche e il 45% dei giacimenti di estrazione petrolifera sono costruiti sul permafrost”, nota l’UE nella sua Strategia per l’Artico, che deve ancora essere approvata in sede di Consiglio. L’attenzione è rivolta anche all’eventualità che, oltre alle emissioni, dal permafrost riemergano virus e batteri pericolosi per l’uomo. Come il Bacillus anthracis, l’antrace, che si può trasmettere dagli animali all’uomo.
(lm)