La proposta lanciata da FacciamoEco - Federazione dei Verdi, per i giovani fino a 35 anni, retribuito, all'interno del Pnrr come segnale di attenzione verso la Next Generation EU. “L'importanza di questa proposta tocca principalmente due ambiti, lotta al dissesto idrogeologico e contrasto ai cambiamenti climatici. Ambiti in cui l'azione dei giovani porterebbe un contributo fondamentale". Per Cingolani è un’ottima idea, in corso riflessione per valutare come inserirlo nel Pnrr
di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Coniugare la tutela dell’ambiente e del territorio, il protagonismo delle nuove generazioni e una prospettiva concreta di formazione e lavoro. È la proposta che, lanciata oggi da FacciamoEco – Federazione dei Verdi, dovrebbe entrare a far parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Come? Con l’istituzione di un servizio civile ambientale per i giovani fino a 35 anni, retribuito, all’interno del Recovery plan come segnale di attenzione verso la Next Generation EU, la prossima generazione, i giovani di oggi, verso cui ci stiamo indebitando prendendo in prestito i fondi europei.
Dopo l’appello al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, arriva la proposta dei deputati del gruppo FacciamoEco alla Camera Rossella Muroni, Andrea Cecconi, Lorenzo Fioramonti, Alessandro Fusacchia, Antonio Lombardo.
“L’importanza di questa proposta tocca principalmente due ambiti – osserva Muroni – lotta al dissesto idrogeologico e contrasto ai cambiamenti climatici. Ambiti in cui l’azione dei giovani porterebbe un contributo fondamentale. Un intervento che creerebbe lo spirito giusto di partecipazione, che non è semplice volontariato che pure ha un valore fondamentale, ma con l’obiettivo di creare competenze. Chiediamo che sia nel Pnrr perché ha la caratura giusta per stare in quei progetti che la commissione europea valuterà”.
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Infatti – fanno presente i deputati – “grazie al programma Next Generation EU abbiamo finalmente l’occasione di investire risorse importanti sulla conversione ecologica del Paese, su un’economia sostenibile, resiliente e innovativa, su una società più coesa a inclusiva. Ma abbiamo anche il dovere di utilizzare al meglio il Recovery. Una misura chiave in questa direzione è proprio l’istituzione nel Pnrr di un servizio civile ambientale. L’Italia è un Paese a forte rischio idrogeologico, dove avvengono i due terzi delle frane censite a livello europeo e dove una superficie grande quanto Lazio e Abruzzo insieme è a medio o alto rischio inondazione. Che affronta il rischio, ulteriormente aggravato dalla crisi climatica in atto, come fosse un’emergenza imprevedibile. Anziché continuare a spendere 3,5 miliardi l’anno in media per i danni; bisogna cambiare radicalmente approccio, iniziando a spendere meno e meglio grazie alla prevenzione. Un cambiamento strategico che garantisce ricadute positive su territorio e occupazione, di cui possono essere protagonisti i nostri giovani”.
Un percorso formativo e professionalizzante per giovani finalizzato alla manutenzione del territorio, al monitoraggio e all’aggiornamento di dati, alla formazione e divulgazione. Un servizio adeguatamente retribuito e declinato in attività coerenti con il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, quali la piantumazione di alberi, il rimboschimento e la messa in sicurezza il territorio.
L’inclusione del servizio civile ambientale nel Pnrr – si legge sul sito di FacciamoEco – permetterebbe di finanziare il progetto attingendo dai fondi stanziati per la tutela del territorio e per le politiche attive del lavoro. Il ministero della Transizione ecologica è il soggetto istituzionale incaricato di gestire la cabina di regia in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle politiche sociali per garantire che le mansioni svolte e la retribuzione offerta dal servizio civile ambientale siano congrue a quelle di un’attività professionale.
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Il ministero della Transizione ecologica avrà una funzione primaria nella valutazione dei progetti proposti dai soggetti attuatori, siano questi autorità o enti pubblici o privati, con una chiara attenzione ai risultati attesi. Anche se il ministero avrà solo un ruolo di supervisione tecnica del programma, non un ruolo di attuazione dei singoli progetti che verrà invece assegnato ai soggetti attuatori in quanto già in possesso di un mandato e delle capacità tecniche, sulla base di un chiaro e trasparente meccanismo di monitoraggio in itinere e di valutazione di impatto. Come regola generale, i costi complessivi del servizio civile ambientale sarebbero ripartiti in solido tra il ministero e i soggetti pubblici attuatori, per esempio con una ripartizione dell’80% per il primo e del 20% per i secondi. Nei casi in cui il soggetto attuatore fosse un’azienda profit la quota a suo carico sarebbe aumentata al 50% dei costi complessivi del progetto.
“Ho letto e apprezzato la proposta di creare un servizio civile ambientale e l’appello bipartisan che mi è stato rivolto – osserva il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani – è un’ottima idea: credo possa essere una valida occasione formativa e lavorativa per i giovani, un percorso professionalizzante per prepararli alle future sfide della transizione ecologica. È in corso una riflessione per valutare come inserirlo nel Pnrr e nelle iniziative a esso correlate. È una strada sicuramente da esplorare”.