Un voltafaccia dell’Ungheria all’ultimo minuto fa saltare il voto finale del Consiglio sulla legge che mira a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime entro il 2030, e il 100% degli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. L’Italia ha continuato a votare no, come fa da mesi, nonostante fosse già stato raggiunto l’accordo politico informale tra PE e i Ventisette
Al Coreper, Italia, Ungheria, Svezia, Polonia e Olanda hanno votato no
(Rinnovabili.it) – Doveva essere poco più di una formalità. L’accordo politico tra Consiglio e Parlamento UE era già stato raggiunto a novembre 2023. Peraltro con pesanti compromessi che avevano stravolto il testo e reso meno efficaci le misure per ecosistemi e biodiversità. Il PE aveva già dato l’ok finale un mese fa. È mancato quello dei Ventisette. La riunione dei ministri dell’Ambiente che si terrà oggi non ha in agenda il voto sulla legge sul Ripristino della Natura. Cancellato all’ultimo minuto e rimandato senza una data precisa. Con le elezioni europee di giugno che incombono, è ormai difficile che questo pilastro del Green Deal possa essere approvato nella legislatura corrente.
Legge sul Ripristino della Natura, di cosa si tratta?
La nuova legge avrebbe impegnato tutta l’UE a ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime entro il 2030, e il 100% degli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Ogni paese avrebbe dovuto rigenerare foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi e fondali corallini, con obiettivi intermedi e molta flessibilità, presentando a Bruxelles dei piani nazionali concreti e dettagliati. La Nature Restoration Law prevedeva che entro il 2030 almeno il 30% degli habitat oggi catalogati come in stato di degrado sarebbero dovuti passare a uno stato di conservazione buono. La percentuale sarebbe poi dovuta salire al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050.
Il compromesso raggiunto lo scorso febbraio aveva rinforzato le clausole di flessibilità per i Ventisette consentendo di attivare un “freno di emergenza”, cioè non rispettare la tabella di marcia prevista in caso di “circostanze eccezionali”. Tra cui anche la salvaguardia della sicurezza alimentare, punto fortemente voluto dall’agribusiness che su questa legge, così come sulla politica agricola comune, ha dato battaglia per anni.
Italia contraria, voltafaccia Ungheria
Interessi, quelli dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi, a cui sia il partito popolare europeo sia molti paesi UE sono particolarmente sensibili. Per calcolo elettorale, per rapporti “storici” con questo settore, per timore delle proteste dei trattori. Già a febbraio il PPE aveva provato, senza successo, ad affossare la Legge sul Ripristino della Natura. Il 23 marzo ci è riuscito il Consiglio.
Alla riunione del Coreper, formato dove gli ambasciatori dei Ventisette presso l’UE limano le distanze tra i paesi UE e preparano il campo alla ratifica finale in sede di Consiglio, è mancata la maggioranza qualificata necessaria per il sì (almeno il 55% dei paesi che rappresentino almeno il 65% della popolazione europea).
A votare contro sono stati Olanda, Italia, Svezia e Polonia, a cui si è aggiunta – in modo decisivo – l’Ungheria. Austria, Belgio e Finlandia si sono astenuti.
Le reazioni della società civile
Lo stallo ha fatto salire sulle barricate molte associazioni ambientaliste, che in forma diversa hanno partecipato all’iter legislativo della legge sul Ripristino della Natura. Con un appello firmato da 147 tra scienziati e naturalisti, il WWF ha chiesto all’Italia e al Consiglio UE di ripensarci e approvare il testo, “un coraggioso progetto per il ripristino della natura europea, largamente condiviso dalla società civile”, per “confermare quel percorso di speranza tracciato dall’adozione del Green Deal europeo e dalla grande mobilitazione intergenerazionale che negli ultimi anni ha chiesto nelle piazze di tutto il Pianeta una transizione ecologica capace di farci vivere meglio e in armonia con la Natura, senza lasciare indietro nessuno”.
“È una vergogna che i governi silurino i primi piccoli passi verso il ripristino della natura europea. Stanno giocando con la vita delle generazioni future e con il sostentamento degli agricoltori che affermano di proteggere. Senza natura, non c’è cibo e non c’è futuro”, attacca Špela Bandelj Ruiz di Greenpeace.
“Dopo aver superato enormi difficoltà grazie anche alla petizione lanciata dalla Lipu e il sostegno di 300 tra associazioni, università, enti che hanno aderito al Manifesto per la Restoration Law della nostra associazione – dichiara Alessandro Polinori, presidente della Lipu – non possiamo che esprimere rabbia e delusione per quanto accaduto”. L’associazione chiede alla presidenza di turno del Consiglio, detenuta dal Belgio, di “lavorare con urgenza per sbloccare la situazione e garantire l’adozione della Nature Restoration Law prima della pausa estiva”.
“Condanniamo tutti gli Stati membri che non sostengono la legge – nella migliore delle ipotesi, ciò suggerisce una profonda incapacità di comprendere la situazione in cui ci troviamo e cosa significa per i diritti dei cittadini”, accusa la coalizione #RestoreNature, composta da BirdLife Europe, ClientEarth, EEB e WWF EU. “Permettere a Viktor Orbán di sabotare la Legge sul Ripristino della Natura va contro la scienza, le preoccupazioni dei cittadini, il sostegno del Parlamento europeo e il sostegno delle imprese alla legge. È del tutto incomprensibile e spaventoso vedere la legge sacrificata sull’altare del sentimento populista anti-verde, privo di qualsiasi spiegazione razionale, e minando il processo decisionale democratico”.