Il rapporto del think tank indipendente Centre for Social and Economic Progress disegna le traiettorie possibili del colosso asiatico verso la neutralità climatica senza subire contraccolpi economici e sociali. Picco emissivo possibile nel 2035, tetto al carbone già nel 2030
Uno studio fa le pulci alla politica climatica dell’India
(Rinnovabili.it) – L’India è il terzo inquinatore mondiale dopo Stati Uniti e Cina e uno dei paesi dove le emissioni di gas serra crescono più velocemente. Dal 1990 a oggi, lo sviluppo industriale del colosso asiatico ha causato un aumento delle emissioni del 335%. Questo perché l’impennata vertiginosa del fabbisogno di elettricità è stata alimentata principalmente con il carbone, mentre la politica climatica dell’India è rimasta al palo. In 20 anni la capacità installata di impianti a carbone nel paese è triplicata.
È possibile che il paese guidato da Narendra Modi raggiunga la neutralità climatica in tempi relativamente rapidi, ma senza subire troppi contraccolpi sul piano economico e sociale? Quale potrebbe essere fatta una politica climatica dell’India in linea con la nuova ambizione globale che fissa l’orizzonte per diventare net-zero attorno alla metà del secolo?
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La risposta affermativa arriva dal think tank indipendente Centre for Social and Economic Progress, che ha immaginato – numeri alla mano – quali impegni l’India potrebbe prendere in vista della COP26 di Glasgow. Secondo le proiezioni contenute nel dossier Getting Net Zero Approach for India at CoP 26, Nuova Delhi può raggiungere la neutralità climatica nel 2065 o al più tardi nel 2070. Sarebbe un ritardo di 15-20 anni rispetto alla maggior parte dei paesi, ma solo 5-10 anni dopo la Cina.
Qual è la strada da seguire? Per gli autori del rapporto, la politica climatica dell’India deve fissare il picco di emissioni di gas serra nel 2035 mentre il tetto all’uso del carbone deve essere fissato tra non più di 10 anni. Si tratta di obiettivi assoluti, ben lontani dagli impegni relativi assunti dall’India finora. Con l’adesione all’accordo di Parigi, il paese si è impegnato a ridurre del 33-35% l’intensità di carbonio della sua economia entro il 2030, ma non ha indicato limiti massimi alle sue emissioni. Così come la politica climatica dell’India non ha messo una data di scadenza al carbone, anzi sono in pipeline altri 64GW (di cui 39GW già in costruzione) oltre ai 210GW di capacità installata esistenti.
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Affinché questo percorso sia fattibile, tuttavia, il rapporto sottolinea che il tassello della finanza climatica è vitale. Una transizione del genere non può lasciare indenne il paese e la sua popolazione senza aiuti esterni. Secondo i ricercatori, il volume di aiuti e investimenti necessari potrebbe arrivare se la diplomazia climatica riesce a raddoppiare l’obiettivo annuale sui finanziamenti per le misure di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico pagati dalle economie avanzate ai paesi in via di sviluppo. Dal 2009, la somma ammonta a 100 mld di dollari l’anno, che dovrebbe arrivare quindi a 200 mld.