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Paesaggi forestali intatti, cosa distrugge le foreste vergini?

La produzione per l’export sui mercati globali di legno, minerali e oil&gas è un driver che contribuisce tanto quanto l’agricoltura alla perdita di ecosistemi forestali incontaminati in tutto il mondo

Paesaggi forestali intatti: il peso delle supply chain globali
Foto di Luca Bravo su Unsplash

Lo studio sulla perdita di paesaggi forestali intatti è apparso su One Earth

(Rinnovabili.it) – Le catene di fornitura globali del legno, dei minerali e dell’oil&gas stritolano le ultime foreste vergini. Più di un terzo della perdita di paesaggi forestali intatti (intact forest landscapes, IFLs) a livello globale è legato alla produzione per l’export sui mercati globali. Una quota paragonabile a quella che dipende dall’espansione delle attività agricole, il driver su cui solitamente si concentra l’attenzione maggiore.

Cosa sono i paesaggi forestali intatti?

Ad accendere i riflettori sul ruolo delle supply chain è uno studio apparso su One Earth che ricostruisce il peso di ciascun singolo fattore nella perdita dei paesaggi forestali intatti. Con questa espressione si intendono aree maggiori di 500mila ettari di foreste di lunga crescita e incontaminate, quindi non alterate da attività umane e di conseguenza capaci di ospitare un alto grado di biodiversità.

La maggior parte degli IFLs è concentrata nella fascia tropicale, di cui costituiscono il 20% del totale della copertura forestale. Ma svolgono un ruolo climatico cruciale, dal momento che stoccano il 40% del carbonio che è presente in questo bioma. Nel complesso, contando le foreste intatte a tutte le latitudini, negli ultimi 22 anni la loro estensione si è ridotta del 7,2%, una perdita di 1,5 mln km2 cioè 5 volte l’Italia.

La perdita di IFL, oltre l’agricoltura

Secondo gli autori, il circa 30% di perdita di foreste vergini è legato a catene di fornitura che estraggono risorse principalmente da Russia, Canada e dai paesi della fascia tropicale -la più martoriata, con Brasile e RD Congo in testa- e hanno il loro terminale in Cina, negli Stati Uniti e in Unione Europea. La singola merce più impattante è, come ci si può aspettare, il legname. Di questo 30%, infatti, il taglio di legno per l’export pesa per circa la metà (51%), mentre un quarto (il 26%) è legato all’oil&gas.

“Rivelare i legami tra la perdita di IFLs a livello regionale e i prodotti acquistati in altri paesi mostra come le catene di approvvigionamento globali di varie materie prime influenzino gli ecosistemi forestali di tutto il mondo”, scrivono gli autori. “Considerando l’eccezionale valore dei paesaggi forestali intatti per la conservazione, questa prospettiva può anche rivelare le forze che guidano le emissioni di carbonio e la perdita di biodiversità”.