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Moratoria sul deep sea mining, Palau e Fiji contro le miniere sottomarine

I due stati insulari si uniscono allo IUCN, la maggiore organizzazione conservazionista al mondo, nel chiedere più cautela sullo sfruttamento di litio, rame, cobalto e terre rare depositati sui fondali marini a 3-5000 metri di profondità. Sono ancora ignoti gli effetti sulla biodiversità e su questi ecosistemi in gran parte ancora da studiare

Deep sea mining: le miniere sottomarine cancellano la biodiversità
By Hannes Grobe/AWI – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=104756773

L’appello durante la conferenza ONU sugli Oceani di Lisbona

(Rinnovabili.it) – Serve una moratoria sul deep sea mining prima che l’appetito dell’industria mineraria cresca troppo. A tirare il freno a mano sullo sviluppo delle miniere sottomarine questa volta non è la scienza ma la politica. L’appello a rinunciare ai giacimenti di litio, rame e cobalto a migliaia di metri di profondità arriva da due stati insulari del Pacifico, Palau e Fiji. Che dal palco della conferenza Onu sugli Oceani di Lisbona si schierano contro i loro vicini di casa Kiribati, Tonga e Nauru, favorevoli allo sfruttamento di metalli a grande profondità.

“Come possiamo, con la testa a posto, dire ‘andiamo a estrarre’ senza sapere quali sono i rischi?”, ha domandato retoricamente da Lisbona il presidente di Palau, Surangel Whipps. “Riteniamo che il rischio non valga la pena”, ha aggiunto. “Chiediamo a tutti voi di sostenere che il deep sea mining aumenta la vulnerabilità del fondo marino e della vita marina”.

La moratoria sostiene che sia meglio attendere di fare chiarezza sulle conseguenze per gli animali marini e gli ecosistemi delle profondità oceaniche, prima di dare il via al dragaggio dei preziosi “campi di patate”, gli ammassi di noduli polimetallici che giacciono sui fondali in prossimità di alcune fenditure geologiche e racchiudono metalli preziosi come cobalto, nichel, oro, zinco, piombo, rame e terre rare.

Miniere sottomarine, chi è pro e chi è contro

Dall’inizio di quest’anno l’ente Onu che è competente sullo sfruttamento delle miniere sottomarine, l’Isa (International Seabed Authority), ha accelerato i lavori per pubblicare regole condivise per il deep sea mining e dare formalmente inizio a una nuova era di sfruttamento delle risorse a grande profondità. Il protocollo dovrebbe essere pronto per il 2023 grazie a una procedura accelerata che hanno innescato gli stati del Pacifico più propensi a lanciarsi nel nuovo business.

Così si sono moltiplicati anche gli appelli per bloccare il processo, finché non sarà chiarito l’impatto ambientale. Lo IUCN, la maggiore organizzazione conservazionista al mondo, durante il suo ultimo congresso lo scorso settembre ha chiesto una moratoria finché la ricerca non saprà dirci cosa succede a 3.000, 4.000 o 5.000 metri di profondità quando vengono raccolti noduli polimetallici e croste di cobalto. Insieme a Palau e Fiji, anche Vanuatu si è espressa contro le miniere sottomarine.