L'Hamburg Climate Futures Outlook, sposta l’attenzione dagli scenari climatici futuri che sono teoricamente possibili a quelli che sono (ancora) realistici
I fattori sociali, non quelli fisici, ci allontanano dal limite degli 1,5 gradi
(Rinnovabili.it) – Abbiamo le tecnologie, il denaro e la possibilità fisica per tenere il termometro globale sotto gli 1,5°C, quello che ci manca è la voglia. Siamo lontani dal tasso di cambiamento delle società che sarebbe richiesto per centrare l’obiettivo più ambizioso del Paris Agreement. E per questo rispettare il limite degli 1,5 gradi, ormai, è “implausibile”.
Lo afferma l’Hamburg Climate Futures Outlook, la pubblicazione annuale dell’Università di Amburgo, in Germania, che sposta l’attenzione dagli scenari climatici futuri che sono teoricamente possibili a quelli che sono (ancora) realistici. Come? Incrociando i dati dal lato tecnico con delle valutazioni sui fattori sociali più rilevanti per il contrasto della crisi climatica.
Aziende e freni sistemici contro il limite degli 1,5 gradi
Ed è proprio in questo secondo gruppo che albergano gli ostacoli alla decarbonizzazione profonda entro metà secolo. “I processi fisici selezionati di interesse pubblico inibiscono solo moderatamente la plausibilità del raggiungimento degli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi, sebbene possano modificare sostanzialmente le condizioni fisiche del contesto sociale”, scrivono gli autori, specificando che resta invece ancora a portata di mano il limite dei 2 gradi. Ma solo “se si colmano le lacune in termini di ambizione, attuazione e conoscenza”.
Cosa impedisce, esattamente, il rispetto del limite degli 1,5 gradi? Dei dieci fattori scandagliati, nessuno è allineato con la traiettoria di decarbonizzazione profonda. E due remano addirittura contro. Si tratta della risposta da parte del settore privato e del modello di consumo. Nonostante le ultime carrellate di promesse per la neutralità climatica, il gap tra annunci e azioni reali è ancora gigantesco. Ma il muro più difficile da abbattere, tra i fattori sociali, è quello dell’egemonia di “sistemi economici e politici ancora imperniati saldamente sulla crescita a tutti i costi e sui combustibili fossili”, sulla distribuzione ineguale di beni e servizi, e sull’istituzionalizzazione di modelli di consumo ad alto tasso di carbonio.
Altri fattori sono più ambivalenti. La produzione di conoscenza, ad esempio, è allineata al limite degli 1,5 gradi ma ciò che manca è un buon livello di integrazione con le condizioni reali su scala locale, precondizione per avere una transizione socialmente giusta. L’impatto dei movimenti sociali e di protesta per il clima è positivo, ma l’accento sempre più pesante sulla sicurezza energetica a causa di guerra in Ucraina e Covid-19 frena “la capacità di mobilitare e plasmare il dibattito pubblico per supportare la decarbonizzazione”.