La traiettoria dell’industria italiana porta verso 2,2°C di riscaldamento globale. Ancora troppo alto per i target di Parigi, ma ben sotto la media G7 di 2,7 gradi e inferiore anche a quella europea di 2,4 gradi
Il rapporto di carbon Disclosure Project sul taglio dei gas serra nel settore privato
(Rinnovabili.it) – Tra le industrie dei paesi del G7, le aziende italiane sono quelle con i piani di riduzione dei gas serra più ambiziosi. Ma non ancora in linea con il Paris agreement. Insieme alle imprese tedesche, infatti, le emissioni delle aziende italiane viaggiano su una traiettoria di 2,2°C di riscaldamento globale. Contando anche gli altri paesi, invece, la media si alza fino a 2,7 gradi.
Il punto sulle emissioni di gas serra delle imprese italiane
Delle 215 realtà del Belpaese analizzate, riporta l’ultimo dossier di Carbon Disclosure Project (CDP), ben il 58% ha adottato degli obiettivi di taglio dei gas serra basati su evidenze scientifiche. Ovvero sul quadro dei Science Based Target (SBT), l’iniziativa promossa da CDP in collaborazione con il Global Compact delle Nazioni Unite, il World Resources Institute e il WWF che a 7 anni dal lancio conta oltre 3500 aziende aderenti.
Su questo punto, meglio del Belpaese fa solo la Germania, con il 76% delle 319 imprese analizzate che si basa sugli SBT, che sono considerati uno standard globale di riferimento in materia. Ma le emissioni delle aziende italiane possono vantare il primato in seno al G7 in un altro ambito. Sono infatti quelle più coperte in assoluto da obiettivi pubblici di riduzione dei gas serra. La percentuale per le emissioni delle imprese nazionali è del 29%, ben davanti a Francia e UK (24%).
L’Italia è la migliore anche nel panorama europeo, sempre insieme alla Germania (e all’Olanda). Se le emissioni globali fossero allineate con quelle delle industrie di questi paesi, la traiettoria del global warming resterebbe sui 2,2 gradi. Se si escludono dal conteggio le emissioni Scope 3, cioè quelle indirette generate a valle nella catena del valore dell’azienda, per l’Italia il dato scende a 2,1°C, peggio di Berlino (2°C) ma meglio di Amsterdam (2,3°C). Un dato che resta comunque molto più alto della soglia di sicurezza degli 1,5 gradi, che permetterebbe di limitare l’impatto peggiore del cambiamento climatico.
Il quadro del G7 e dell’Europa
Tra 2021 e 2022 i target di riduzione delle emissioni delle aziende europee sono migliorati in modo sensibile, nota CDP. I miglioramenti valgono in tutto 0,3 gradi di riscaldamento globale in meno, per cui ora il percorso di decarbonizzazione dell’industria europea viaggia su binari che conducono verso un mondo 2,4°C più caldo. Tra i peggiori Grecia, Belgio, Austria e Ungheria, tutti oltre i tre gradi.
La media dei paesi G7 è peggiore di quella europea: 2,7°C (2,4 gradi se si escludono le emissioni Scope 3). Qui il fanalino di coda è il Canada con 3,1°C, seguito da Giappone e Stati Uniti (2,8°C), UK (2,6°C) e Francia (2,3°C). “L’analisi mostra una chiara e costante sovraperformance delle aziende europee rispetto a quelle nordamericane e asiatiche in tutti i settori”, nota CDP. “Sulla base delle emissioni Scope 1 e 2, le aziende con sede in Nord America sono collettivamente avviate verso un aumento della temperatura di 2,5°C, mentre le aziende con sede in Asia sono avviate verso i 3°C. Entrambi sono significativamente superiori ai 2,4°C dell’Europa. Entrambi sono significativamente più alti dei 2,4°C dell’Europa”.