Ridurre il gas serra responsabile di circa 1/3 del riscaldamento globale cumulato negli ultimi 250 anni è possibile con le tecnologie esistenti e anche conveniente dal punto di vista economico. Gli impegni assunti dagli stati porterebbero a un taglio del 50% entro il 2030, ma le promesse spesso non sono seguite da piani di implementazione adeguati. E per rispettare l’obiettivo di 1,5 gradi servirebbe un calo del 75% già entro questo decennio
L’IEA pubblica il rapporto Global Methane Tracker 2024
(Rinnovabili.it) – L’anno scorso le emissioni globali di metano originate dai combustibili fossili sono leggermente aumentate rispetto al 2022. Anche se gli impegni assunti dagli stati e le politiche già in vigore dovrebbero riuscire a tagliare le emissioni di questo gas serra del 50% entro il 2030, non è abbastanza. Per stare sulla traiettoria giusta verso un riscaldamento globale di 1,5 gradi serve una riduzione del 75% entro questo decennio. Lo afferma l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) nel rapporto Global Methane Tracker 2024 rilasciato oggi.
Un ulteriore elemento di preoccupazione viene dal gap tra promesse e azioni concrete. “La maggior parte degli impegni non sono ancora supportati da piani di attuazione”, rileva l’IEA. Questo può mettere a rischio anche quel -50% che, sulla carta, il mondo potrebbe raggiungere nel giro di 6 anni.
Ridurre del 75% le emissioni globali di metano derivanti dalle fossili entro il 2030 è “fondamentale” per impedire che il riscaldamento globale raggiunga “livelli pericolosi”, commenta il direttore esecutivo dell’IEA, Fatih Birol. “Sono incoraggiato dallo slancio che abbiamo visto negli ultimi mesi, che secondo la nostra analisi potrebbe fare un’enorme e immediata differenza nella lotta mondiale contro il cambiamento climatico”, continua, “ora dobbiamo concentrarci sulla trasformazione degli impegni in azioni, continuando a puntare più in alto. Le politiche ben note e le tecnologie esistenti potrebbero ridurre sostanzialmente le emissioni di metano derivanti dai combustibili fossili”.
Le emissioni globali metano nel 2023
Tagliare sostanzialmente le emissioni globali di metano, sottolinea ancora una volta l’IEA, non è solo possibile ma anche economicamente conveniente. Circa il 40% delle emissioni nel 2023 “avrebbero potuto essere evitate senza alcun costo netto, poiché il valore del metano catturato era superiore al costo della misura di abbattimento”, spiega il rapporto. Cosa servirebbe per ridurle del 75%? La spesa, secondo l’IEA, si aggira intorno ai 170 miliardi di dollari, “meno del 5% del reddito generato dall’industria dei combustibili fossili nel 2023”.
L’anno scorso il metano generato dalle fossili – che è responsabile, storicamente, di circa 1/3 del riscaldamento globale accumulato finora – è arrivato a sfiorare i 120 milioni di tonnellate, “un piccolo aumento rispetto al 2022”. Altri 10 mln t derivano dalla bioenergia, principalmente dall’uso di biomassa per cucinare.
Chi dovrebbe guidare gli sforzi per tagliare le emissioni globali di metano? L’IEA rileva che i primi 10 paesi emettitori sono stati responsabili di circa 80 milioni di tonnellate di emissioni di metano da combustibili fossili nel 2023, due terzi del totale globale. La classifica per quanto riguarda gas e petrolio è guidata dagli Stati Uniti, seguiti da vicino dalla Russia. Mentre la Cina è di gran lunga il maggiore produttore di emissioni nel settore del carbone.
Una classifica che si fa sempre più accurata grazie all’uso di rilevazioni via satellite. È proprio grazie al loro monitoraggio che sappiamo che l’anno scorso si è verificato un aumento “sostanziale” dei leak dalle infrastrutture fossili, con oltre 5 milioni di tonnellate di emissioni rilevate. Inclusa quella dovuta allo scoppio di un pozzo in Kazakistan, che ha rilasciato ingenti quantità di metano in atmosfera per più di 200 giorni.