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Ambiente e Diritti Umani: cosa chiede alle aziende il nuovo dovere di diligenza UE

La nuova direttiva europea sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale stabilisce l’obbligo per le imprese di mitigare il loro impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente attraverso le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro partner commerciali

dovere di diligenza UE
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di Stefania Raviele e Martina De Angeli – De Luca & Partners 

L’Unione Europea sta da tempo lavorando all’elaborazione di politiche di sostenibilità aziendale con l’obiettivo di sensibilizzare e rafforzare la tutela dell’ambiente e dei diritti umani. A far data dallo scorso 5 gennaio 2024, ad esempio, con un sistema di applicazione temporale progressivo, alle società aventi obbligo di rendicontazione non finanziaria, alle grandi aziende, alle piccole e medie imprese quotate ed alle filiali di imprese extra UE è richiesto di pubblicare informazioni dettagliate sull’impatto che l’attività che svolgono può avere sulla società e sull’economia, presentando la propria rendicontazione societaria di sostenibilità e riferendo in merito alle questioni ambientali, i diritti umani, le misure anticorruzione e le  questioni relative alla diversità.

In questo scenario europeo, si inserisce la proposta di “Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità” alla quale stanno lavorando il Consiglio ed il Parlamento europei. Il 14 dicembre 2023, le due istituzioni hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della nuova normativa che è attualmente soggetto ad approvazione finale. 

A chi si applica e cosa prevede la nuova direttiva sul dovere di diligenza?

Saranno interessate all’applicazione delle nuove disposizioni le imprese:

  • dell’Unione Europea
    • con più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio;
    • con più di 250 dipendenti e un fatturato globale superiore a 40 milioni di euro, a condizione che almeno il 50% di tale fatturato sia stato generato in un settore considerato ad alto rischio (tra cui ad esempio, produzione tessile, l’esercizio di varie attività agricole e l’estrazione di risorse minerarie); 
  • di Paesi Terzi che generano un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro nell’UE nell’ultimo esercizio finanziario oppure che realizzano un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro nell’UE, a condizione che almeno il 50% del fatturato netto sia stato realizzato in un paese dell’UE.

La direttiva sul dovere di diligenza stabilirà norme in materia di: 

  1. obblighi rispetto agli impatti negativi, anche solo potenziali, che l’attività delle società interessate avrà sui diritti umani e sull’ambiente, dovendosi con ciò intendere ricomprese anche le attività delle società con le quali si intrattiene un rapporto d’affari consolidato;
  2. sanzioni e responsabilità civile in caso di violazioni dei predetti obblighi.

Pertanto, le imprese destinatarie dovranno provvedere ad individuare gli impatti negativi, sia effettivi che potenziali, e le soluzioni preventive ovvero attenuanti affinché tali impatti siano quanto più possibile ridotti. 

Per il raggiungimento di tale fine e la definizione dei piani operativi di prevenzione dovranno essere poste in essere una serie di attività di due diligence tra cui:

  • la definizione di procedure di descrizione degli impatti riscontrati;
  • la predisposizione di codici di condotta; 
  • l’adozione di misure per verificare il rispetto di tali codici di condotta, integrati da meccanismi di procedure disciplinari.

In aggiunta ai mezzi di ricorso giurisdizionale, la direttiva riconoscerà un diritto di reclamo così da consentire agli individui e alle organizzazioni la possibilità di rappresentare un eventuale legittimo timore circa gli impatti negativi sui diritti umani ed ambientali siano essi effettivi o potenziali, delle attività della società stessa, delle attività delle sue filiazioni e della catena del valore cui partecipa. 

Tra i soggetti legittimati a presentare reclamo rientrano:

  • coloro che hanno subito un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterlo subire;
  • i sindacati;
  • eventuali altri rappresentanti dei lavoratori;
  • rappresentanti dei lavoratori dei partner commerciali;
  • le organizzazioni della società civile attive nei settori collegati alla catena del valore interessata, qualora siano a conoscenza di un impatto negativo potenziale o effettivo;
  • altre persone colpite da un impatto negativo o che hanno fondati motivi di ritenere di poterne essere colpite.

In caso di violazione delle nuove disposizioni, le imprese potranno essere condannate al pagamento di sanzioni pecuniarie per la cui definizione sarà considerato il fatturato della società. 

I prossimi passi

L’accordo provvisorio raggiunto tra il Consiglio ed il Parlamento europei dovrà essere approvato e formalmente adottato da entrambe le istituzioni e, stando a quanto fino ad oggi reso noto, ciò dovrebbe avvenire entro i primi mesi del 2024.

L’attenzione che oggi viene posta sulle imprese e sul loro agire sostenibile è in costante crescita e le disposizioni qui in commento se da un lato aumenteranno le responsabilità in capo alle società destinatarie dall’altro potranno offrire loro nuovi strumenti per migliorare i sistemi di governance oltreché rappresentare un vantaggio in termini di competizione. Ciò tenuto conto che i beni tutelati sono l’ambiente e i diritti umani. 

Particolare attenzione dovrà essere posta sì alle azioni necessarie a garantire la conformità con quanto previsto dalla direttiva ma anche ai sistemi e meccanismi disciplinari in caso di violazione da parte dei lavoratori nonché alle relazioni con le organizzazioni e le rappresentanze sindacali.

A ciò, si aggiunga che la direttiva sul dovere di diligenza amplierà le vigenti disposizioni in materia di whistleblowing poiché le protezioni contemplate da quest’ultima si applicheranno altresì a coloro che segnalano eventuali violazioni del dovere di diligenza. 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.