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105 paesi appoggiano Vanuatu sulla responsabilità degli Stati per la crisi climatica

Nata da un’idea degli studenti di diritto ambientale di Vanuatu, la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia ha raccolto l’adesione di oltre 100 paesi e presto sarà votata dall’asemblea generale dell’Onu

Crisi climatica: la responsabilità giuridica degli Stati in discussione all’Onu
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Il parere della Corte internazionale di giustizia sulla crisi climatica non sarà vincolante per gli Stati

(Rinnovabili.it) – Sono ormai più di 100 (precisamente 105, su 193 membri Onu) i paesi che appoggiano la proposta di Vanuatu di rendere gli Stati più facilmente perseguibili per la mancata azione contro la crisi climatica. Un’idea, quella di chiedere un parere della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi dei paesi nella lotta al climate change, che sta approdando all’assemblea generale delle Nazioni Unite ma è partita da un compito degli studenti di diritto ambientale dell’Università del South Pacific del piccolo stato insulare.

Di cosa si tratta? Vanuatu chiede al tribunale internazionale di fare chiarezza su alcuni aspetti giuridici riguardo gli obblighi, per ciascun paese, di mettere in campo politiche sul clima adeguate e tempestive. La formulazione del quesito è ricca e dettagliata e cerca di coprire molti aspetti cruciali nella lotta al climate change, inclusa la giustizia climatica e le ripercussioni sugli ecosistemi.

Quali obblighi per lo Stato contro la crisi climatica?

Questo il testo dei quesiti, nella formulazione definitiva presentata all’Onu il 20 febbraio di quest’anno:

(1) Quali sono gli obblighi degli Stati ai sensi del diritto internazionale per garantire la protezione del sistema climatico e di altre parti dell’ambiente dalle emissioni antropogeniche di gas a effetto serra per gli Stati e per le generazioni presenti e future;

(2) Quali sono le conseguenze giuridiche di questi obblighi per gli Stati che, con le loro azioni e omissioni, hanno causato danni significativi al sistema climatico e ad altre parti dell’ambiente, per quanto riguarda:

(a) Stati, compresi, in particolare, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo che, a causa delle loro condizioni geografiche e del loro livello di sviluppo, sono danneggiati o particolarmente colpiti dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici o sono particolarmente vulnerabili agli stessi?

(b) I popoli e gli individui delle generazioni presenti e future colpiti dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici?

Un passaggio importante ma, bisogna ricordarlo, molto più simbolico che altro. I pareri della Corte internazionale di giustizia, infatti, non sono vincolanti. Quale che sia la risposta del tribunale, nessun paese sarà tenuto ad adeguarsi. Ma il voto in assemblea generale e il processo di sostegno alla richiesta serve per aumentare la pressione politica sui grandi inquinatori recidivi.

Tra i paesi che non appoggiano la petizione, infatti, troviamo Stati Uniti, Cina, India, Russia, Brasile, Sudafrica, Indonesia, Arabia Saudita, Giappone, Corea del Sud. Manca anche il supporto da parte di Egitto e Emirati Arabi Uniti, paesi ospitanti della COP27 e della futura COP28. L’Italia è invece a favore come gran parte dell’UE.