Rinnovabili • COP27: parte a Bonn la pre-conferenza sul clima

Verso la COP27 di Sharm el-Sheikh, al via oggi gli incontri preparatori

Al meeting di Bonn, i Subsidiary Bodies inizieranno a definire l’agenda della COP27. Anche se è un incontro tecnico, la guerra in Ucraina e la crisi energetica possono avere influenza già a questo stadio. Uno dei nodi principali sarà, ancora una volta, la finanza climatica. Tutti i dettagli dell’incontro

COP27: parte a Bonn la pre-conferenza sul clima
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L’incontro preparatorio per la COP27 dura dal 6 al 16 giugno

(Rinnovabili.it) – Come accelerare l’agenda climatica globale? Come evitare che la guerra in Ucraina freni l’azione contro il riscaldamento globale? Quale può essere un punto d’incontro concreto fra paesi ricchi e paesi più svantaggiati sulla finanza climatica? Sono questi i punti all’ordine del giorno a Bonn, dove da oggi fino al 16 giugno si svolge la pre-conferenza della COP27. Un appuntamento tecnico – e cruciale – sui cui risultati si inizierà a misurare il livello di ambizione che ci dobbiamo aspettare a Sharm el-Sheikh il prossimo novembre.

Cosa succederà a Bonn?

L’incontro in Germania è il primo dalla fine della conferenza di Glasgow dell’anno scorso in cui si incontrano i due Subsidiary Bodies, gli enti tecnici responsabili dell’implementazione dell’accordo di Parigi. Ma è anche il primo, importante incontro nel processo delle COP che si svolge dopo la pubblicazione dell’Assessment Report 6, l’aggiornamento dei rapporti dell’IPCC in cui è riassunta e consolidata la scienza del clima più recente e valida.

Ed è proprio dai report IPCC che la conferenza di Bonn dovrà partire. Il messaggio del Panel intergovernativo sul cambiamento climatico è chiaro: l’azione per il clima deve accelerare o non ci saranno chances di tenere il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi, e forse nemmeno di rispettare la soglia dopo uno sforamento temporaneo.

I progressi dopo il patto sul clima di Glasgow

Di fronte a questa urgenza, però, la COP27 non può che riprendere il percorso là dove la COP26 l’aveva lasciato. Ovvero, con molte promesse, quasi nessuna delle quali davvero mantenuta in questi mesi. Il compito dei Subsidiary Bodies – il Subsidiary Body for Implementation (SBI) e il Subsidiary Body for Scientific and Technological Advice (SBSTA) – è proprio questo: fare il punto sui progressi circa il patto sul clima di Glasgow.

Progressi che sono scarsi. Solo 11 paesi (su 196) hanno presentato nuovi piani climatici. Sul carbone ci sono meno paesi che pianificano nuove centrali, ma la potenza installata – trainata dalla Cina – aumenterà. Siamo quindi ben lontani dal “phase down” promesso a Glasgow. Sulla deforestazione la situazione è ancora peggiore: in Brasile il tasso di logging è alle stelle, nonostante Bolsonaro abbia promesso zero abbattimenti entro il 2028. E sulla finanza climatica, di fatto, non si è mosso quasi nulla: i paesi ricchi devono ancora raggiungere quota 100 miliardi di dollari l’anno. Lo faranno solo nel 2023, con 3 anni di ritardo.

Incognite

Uno degli ostacoli principali dei negoziati sarà l’onda lunga dell’invasione russa dell’Ucraina. La guerra rischia di incrinare anche la diplomazia climatica. L’elefante nella stanza è la crisi energetica globale e le sue ramificazioni, ad esempio sui prezzi dei generi alimentari di base. Uno sfondo sul quale è ancora più difficile chiedere nuovi sacrifici agli stati.

L’Europa arriverà alla COP in Egitto con meno dipendenza dalle fossili russe, ma non dalle fossili in generale. E molte misure d’emergenza prese in questi mesi indeboliscono l’azione per il clima di Bruxelles, oltre a intaccarne la credibilità al tavolo dei negoziati.

In più, c’è l’incognita Cina. Pechino ha lanciato molti segnali di fastidio verso l’avventura ucraina decisa da Putin, ma si è ben guardata dal condannare apertamente l’invasione. E userà questa ambiguità anche al tavolo della COP27. Atteggiamento che gli Stati Uniti vedono come fumo negli occhi. Visto il peso specifico che hanno USA e Cina sull’azione climatica globale, senza un’intesa tra i due paesi è difficile che si arrivi a risultati concreti in Egitto.

Costruire l’agenda della COP27 di Sharm el-Sheikh

Ce n’è abbastanza per far deragliare anche un incontro tecnico come la pre-conferenza di Bonn, dove l’input politico è minimo. Il punto più critico, per il momento, sembra quello legato alla finanza climatica. Il gruppo dei Like-Minded Developing Countries (LMDC) ha proposto di aggiungere in agenda il dialogo sui loss & damage (L&D) e quello sull’obiettivo globale sull’adattamento. Dossier spinosissimi, che puntano a quantificare gli aiuti e i finanziamenti che i paesi più sviluppati devono fornire annualmente per i danni provocati dal climate change e per le necessarie misure di adattamento, in favore dei paesi che hanno meno responsabilità storica sul global warming.

In più, a Bonn si parlerà anche di come rendere finalmente operativo il Santiago network on loss & damage, l’organo da cui passa tutto il negoziato sui L&D. Creato alla COP25 di Madrid, a Glasgow ha ricevuto l’ok sulle sue regole di funzionamento (l’unico passo avanti sul tema compiuto alla COP26).

Altri punti in discussione a Bonn sono la Global Stocktake, cioè il monitoraggio degli impegni climatici dei paesi che, in base al patto di Glasgow, deve diventare un meccanismo per aumentare l’ambizione climatica. Ancora: i delegati dovranno preparare una bozza su un altro punto delicato dell’agenda della COP27, un programma di lavoro sulle misure di mitigazione globali da prendere entro il decennio. Questo tema è direttamente legato al precedente e lo completa. E quindi è visto con sospetto da quei paesi che non vogliono alzare troppo in fretta l’asticella dell’ambizione.

Infine, inizieranno anche le discussioni sul perimetro della finanza climatica post 2025. Lo scoglio iniziale, qui, è definire l’entità dell’impegno annuale (che dovrebbe essere nell’ordine di 1-2.000 mld di dollari, almeno 10 volte più di quello attuale) e di conseguenza quali risorse conteggiare a questo fine. (lm)

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