Manca ancora una posizione comune sui contributi nazionali volontari. Il vertice di Glasgow deve decidere se unificare tutti gli NDC, obbligando i paesi a rinnovarli ogni 5 o ogni 10 anni. L’UE su questo tema è spaccata a metà e rischia di tirarsi la zappa sui piedi da sola
Si litiga sulla posizione da adottare alla COP26 sul clima per gli NDC
(Rinnovabili.it) – L’Unione Europea rischia di andare in ordine sparso alla COP26 sul clima di Glasgow. I Ventisette hanno un obiettivo in comune e legalmente vincolante sul taglio delle emissioni, -55% entro il 2030 e neutralità climatica a metà secolo. Ma non sono d’accordo su come presentarlo durante il vertice in Scozia, che inizia tra 5 settimane: non la premessa migliore per un’Europa che aspira alla leadership climatica globale.
Il nodo riguarda ogni quanto aggiornare i contributi nazionali volontari (Nationally Determined Contributions, NDC), cioè gli impegni formali che gli Stati inviano all’ONU. È un punto che sarà cruciale alla COP26 sul clima: i 200 paesi firmatari dell’accordo di Parigi devono decidere se allineare tutti i loro NDC o continuare con il liberi tutti. Allineare gli NDC significa decidere se vanno rinnovati ogni 5 o 10 anni, dove la prima opzione evidentemente obbliga i paesi a non rimandare i provvedimenti sul clima.
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Ed è proprio su questo aspetto che si sta consumando una spaccatura tra i paesi membri dell’UE. Lo rivela l’agenzia stampa Reuters, che ha avuto accesso a documenti riservati delle trattative in corso. Due i fronti. Da un lato della barricata paesi come Danimarca, Olanda, Spagna, Lussemburgo e Francia, che spingono per NDC da rinnovare ogni 5 anni. Un modo, sostengono, per fare più pressione sugli altri paesi durante la COP26 sul clima e rafforzare la voce della diplomazia UE. Sul lato opposto paesi come Polonia, Bulgaria e Romania – non a caso, più legati alle fossili e in difficoltà nella transizione energetica – vogliono una finestra di 10 anni.
Ad oggi, l’UE ha inviato degli NDC collettivi a dicembre 2020 con orizzonte 2030. La bozza di documento sulla posizione comune UE, per ora, cita l’opzione dei 5 anni e aggiunge che non entrerebbe in conflitto con gli obiettivi sul clima già presi: all’ONU si invierebbe la “stima migliore” del taglio delle emissioni al 2035 e al 2045, che non avrebbe però valore legale ai fini UE. Per il 2040 Bruxelles preparerà invece un nuovo obiettivo legalmente vincolante.
Il documento aggiunge che sul fronte dei 5 anni sono schierati anche Stati Uniti, i paesi africani e i piccoli Stati insulari del Pacifico. Al contrario, colossi delle emissioni come Cina e India (rispettivamente, il 1° e il 4° inquinatore mondiale) vorrebbero lasciare libertà di scelta.
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lm