Il nuovo rapporto dell’Agenzia ONU per la protezione dell’ambiente (UNEP) modella gli scenari per spostare su una traiettoria sostenibile il nostro uso di risorse. Le biomasse hanno il più alto impatto su ambiente e clima, ma la soluzione passa da un approccio integrato che affronta congiuntamente efficienza delle risorse, clima, energia, alimentazione e territorio. Spostarsi su quella traiettoria consentirebbe di mitigare la crescita dell’uso dei materiali del 30% e ridurre di oltre l’80% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli attuali entro il 2060
Entro il 2060 il consumo di risorse può passare da 100 a 160 mld t/anno
(Rinnovabili.it) – Il modo in cui estraiamo, lavoriamo e utilizziamo le risorse naturali ha un impatto devastante sul Pianeta. Dal consumo globale di risorse hanno origine il 55% dei gas serra mondiali, il 40% degli impatti sulla salute legati alle polveri sottili e più del 90% della perdita di biodiversità che deriva dall’uso del suolo. Nonostante questi impatti, il nostro “insaziabile” uso di risorse è triplicato in 50 anni e potrebbe crescere ancora del 60% entro il 2060 rispetto ai livelli del 2020. A fotografare questa traiettoria insostenibile e proporre come farla puntare verso il basso è l’ultimo rapporto dell’Unep, l’agenzia Onu per la protezione dell’ambiente.
Consumo globale di risorse, una traiettoria insostenibile
L’uso crescente di risorse è il fattore principale che alimenta la tripla crisi planetaria – climatica, sanitaria e della biodiversità. Dal rapporto Unep emerge come l’attenzione dovrebbe essere rivolta in particolar modo alla biomassa. Quando si considerano anche i cambi d’uso del suolo, infatti, gli impatti sul clima aumentano del 60% e soprattutto a causa di coltivazioni e uso delle foreste (28%), ben più che per l’uso di combustibili fossili (18%) e l’estrazione di minerali e metalli (17%). La biomassa è poi il driver dietro il 90% della perdita di biodiversità e di aumento dello stress idrico legati all’uso del suolo.
Come impieghiamo le risorse e quali sono i settori che guidano la crescita? In cima alla classifica si piazzano l’ambiente costruito e la mobilità, seguito dai sistemi alimentari e dal comparto energetico. Insieme, questi 4 ambiti coprono il 90% del consumo globale di risorse. Ai ritmi attuali, il consumo aumenterà del 60% entro il 2060 passando da 100 a 160 miliardi di tonnellate, “superando di gran lunga quanto necessario per soddisfare i bisogni umani essenziali di tutti, in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, sottolinea il rapporto.
Uno dei punti critici di questo consumo insostenibile di risorse è la traiettoria dei paesi più ricchi. Le economie avanzate utilizzano sei volte più risorse e generano un impatto climatico dieci volte superiore rispetto ai paesi a basso reddito. L’impronta materiale pro capite dei paesi ad alto reddito è rimasta relativamente costante dal 2000, nota il rapporto, mentre è più che raddoppiata quella dei paesi a reddito medio-alto. “Attraverso il commercio globale, i paesi ad alto reddito trasferiscono gli impatti ambientali su tutti gli altri paesi classificati con reddito inferiore. L’utilizzo pro capite delle risorse e i relativi impatti ambientali nei paesi a basso reddito sono rimasti relativamente bassi e quasi invariati dal 1995”, continua il rapporto Unep.
Le soluzioni
Come se ne esce? La ricetta dell’Unep, basata sulla modellazione di scenari diversi, suggerisce che l’opzione migliore è un’azione integrata e congiunta su efficienza delle risorse, clima, energia, alimentazione e territorio, perché “ottiene effetti positivi significativamente più ampi di quelli che otterrebbe una qualsiasi di queste aree politiche di intervento isolatamente”.
Secondo i modelli, un approccio integrato risulterebbe, entro il 2060, in un PIL globale cresciuto di circa il 3% e un indice di sviluppo umano globale più alto del 7% rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare seguendo le tendenze storiche.
Di conseguenza, spostarsi su quella traiettoria consentirebbe di mitigare la crescita dell’uso dei materiali del 30%, ridurre di oltre l’80% le emissioni di gas serra rispetto ai livelli attuali entro il 2060 (in linea con l’Accordo di Parigi), e conseguire riduzioni assolute del consumo di energia, della superficie agricola e di altri fattori di pressione ambientale e climatica.
“Questo rapporto dimostra che, rispetto alle tendenze attuali, è ancora possibile ridurre l’uso delle risorse e allo stesso tempo far crescere l’economia, ridurre le disuguaglianze, migliorare il benessere e ridurre drasticamente l’impatto ambientale”, commentano Janez Potočnik e Izabella Teixeira, i curatori del rapporto.