Rinnovabili • Conferenza sul clima di Bonn: diplomazia in letargo, la COP27 traballa Rinnovabili • Conferenza sul clima di Bonn: diplomazia in letargo, la COP27 traballa

Tira una brutta aria alla conferenza sul clima di Bonn

La pre-conferenza tecnica che deve preparare il campo alla COP27 di Sharm el-Sheikh di novembre prossimo non ha fatto passi avanti su nessun dossier. I paesi meno sviluppati provano il tutto per tutto con un ultimatum sul dossier perdite e danni

Conferenza sul clima di Bonn: diplomazia in letargo, la COP27 traballa
crediti: UNclimaechange via Flickr | CC BY-NC-SA 2.0

Oggi inizia la 2° e ultima settimana della conferenza sul clima di Bonn

(Rinnovabili.it) – L’urgenza di affrontare la crisi climatica non riesce a guadagnare il palcoscenico a Bonn. La pre-conferenza che deve preparare la prossima COP27 di Sharm el-Sheikh è arrivata al giro di boa: ma la prima settimana si è chiusa tra sbadigli della diplomazia e ben poca ambizione anche da parte di quei paesi che normalmente contribuiscono più attivamente. Quasi nulla di fatto sul fronte della finanza climatica, male anche la Global Stocktake che dovrebbe aiutare ad alzare l’ambizione in vista dell’appuntamento in Egitto, e malissimo sul capitolo perdite e danni. Insomma, la prospettiva di uscire dalla conferenza sul clima di Bonn con dei passi avanti promettenti è ormai improbabile.

Conferenza sul clima di Bonn, zero passi avanti sui Loss & Damage

L’istantanea dei negoziati sul dossier Loss & Damage è una buona sintesi dell’impalpabilità della diplomazia climatica che sta andando in scena a Bonn: i paesi più vulnerabili al climate change chiedono di accelerare, tutti gli altri fanno orecchie da mercante o, nel peggiore dei casi, remano contro.

Quello delle perdite e dei danni è un capitolo molto spinoso, su cui la COP26 non è riuscita a trovare nessun accordo. Si tratta del tema di garantire finanziamenti e aiuti a quei paesi che subiscono per primi e con un impatto maggiore i colpi del cambiamento climatico. Per lo più paesi vulnerabili con economie fragili, come gli stati insulari del Pacifico e molti paesi nella lista dei Least Developed Countries.

L’unica novità spuntata l’anno scorso è il formato e la tempistica con cui il processo delle COP discuterà il tema. Cioè nella cornice dei Glasgow Dialogues, con l’obiettivo di arrivare a un accordo entro 3 anni (2025). Ma il primo appuntamento di questi Dialogues, che si sta svolgendo proprio in questi giorni alla conferenza sul clima di Bonn, dimostra che non è cambiato nulla. I paesi più ricchi non vogliono spendere, né dare troppa disponibilità a pagare i danni della crisi climatica.

Di fronte alla prospettiva di ripetere l’ennesimo buco nell’acqua, i paesi meno sviluppati stanno provando a forzare il processo. Il gruppo dei G77 – oggi 134 paesi tra quelli con le economie più deboli, che comprendono tutta l’America Latina, l’Africa e gran parte dell’Asia – insieme alla Cina hanno fatto sapere che vogliono una svolta vera già questo novembre in Egitto. Puntano, cioè, a creare uno strumento per raccogliere ed erogare gli aiuti (la Loss & Damage Finance Facility prevista dall’accordo di Glasgow) con 2 anni di anticipo. Difficile che accada davvero, ma è pur sempre un modo per ravvivare la prossima (e ultima) settimana di negoziati.