Johnson aggiorna i target britannici, dopo aver già promesso a dicembre un -68% entro il 2030. Il sesto carbon budget 2033-2037 conterrà il nuovo obiettivo. Il provvedimento diventerà legge a giugno. Scettiche le opposizioni e molto cauta la società civile: non è la prima volta che le promesse non vengono mantenute
Le misure sul clima non hanno ancora una copertura finanziaria
(Rinnovabili.it) – Alla vigilia del Climate Ambition Summit di dicembre 2020, il premier britannico Boris Johnson aveva calato l’asso: l’obiettivo di riduzione delle emissioni entro fine decennio sarebbe stato del 68%. Ben più alto di quello europeo, poteva sottolineare con orgoglio l’inquilino del numero 10 di Downing Street mentre limava gli ultimi dettagli dell’accordo sulla Brexit con Bruxelles. E in linea con i consigli del comitato di scienziati che affianca il governo sul dossier climatico, il Climate Change Comittee. Adesso, 48 ore prima del Leaders Summit sul clima voluto da Joe Biden, Johnson alza il tiro. Londra promette di portare la riduzione delle emissioni al -78% entro il 2035.
Le nuove promesse di Londra sul clima
Il valore è riferito ai livelli emissivi del 1990 e diventa quindi uno degli obiettivi climatici più ambiziosi al mondo, capace di mettere il paese sui giusti binari per centrare la neutralità climatica entro la metà del secolo. E non è l’unica novità. Per la prima volta, infatti, gli UK inseriscono nel loro carbon budget (precisamente il 6°, che copre il 2033-2037) anche le emissioni dell’aviazione e del trasporto marittimo.
“Vogliamo continuare ad alzare il livello per affrontare il cambiamento climatico, ed è per questo che ci stiamo ponendo l’obiettivo più ambizioso al mondo di riduzione delle emissioni”, gongola Johnson. A cui fa eco il segretario di Stato per gli affari economici, l’energia e la strategia industriale del Regno Unito, Kwasi Kwarteng: “Il Regno Unito è leader mondiale nell’affrontare il cambiamento climatico e l’annuncio di oggi significa che il nostro futuro a basse emissioni di carbonio è ora in vista”.
Dalla sua, Kwarteng ha una riduzione consolidata delle emissioni del 44% tra 1990 e 2019, di cui 2/3 nel settore energetico, mentre la generazione di elettricità da fonti rinnovabili si è moltiplicata per quattro dal 2010 a oggi.
L’opposizione non è convinta
Ma l’opposizione laburista e il mondo ecologista mostra molta cautela. Dal Labour si ricorda che il governo deve far corrispondere “la realtà alla retorica”. Per Ed Miliband “abbiamo bisogno di un governo che tratti l’emergenza climatica come l’emergenza che è. Ciò significa una maggiore ambizione di questo governo e un’azione molto più decisa”.
Bastonano l’esecutivo anche i Verdi. Per la deputata Caroline Lucas, il problema più evidente del piano “è l’incapacità del governo di affrontare ciò che sta guidando la crisi climatica: un sistema economico obsoleto e sfruttatore che tratta il nostro pianeta e il mondo naturale come periferico alle nostre vite e, peggio , sacrificabile”. Ragion per cui è necessario “mettere la salute e il benessere delle persone e del pianeta al di sopra del profitto e della crescita a breve termine”.
Le reazioni della società civile
Intanto, dalla società civile sono in molti a ricordare che in passato il governo ha mancato clamorosamente gli obiettivi sul clima che aveva mutuato dal Climate Change Committee. Ci sono poi molti dubbi sulla copertura economica. Londra non ha annuciato come intende sostenere economicamente le misure necessarie per fare un balzo così corposo sulle emissioni. Con Johnson non è peraltro la prima volta che ciò accade.
Per Chris Venables del thinktank della Green Alliance, è “una grande notizia che il governo convertirà in legge l’obiettivo del 2035 e che l’aviazione e la navigazione” sono incluse. Ma c’è un contrasto “sempre più stridente perché questa ambizione a lungo termine non può essere sostenuta dall’azione qui e ora”. La COP26 si avvicina e “un piano net-zero dettagliato e completamente finanziato è necessario molto prima di allora”.