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Brexit: quale accordo sul clima tra Bruxelles e Londra?

Restano alcuni principi-cardine del Trattato di Lisbona, come quello di precauzione. In generale, l’ambizione climatica diventa un fattore nell’equazione dell’equa competizione commerciale ed economica tra le parti

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credits: Pete Linforth da Pixabay

La cooperazione contro il cambiamento climatico sopravvive alla Brexit

(Rinnovabili.it) – La vigilia di Natale, la Gran Bretagna e l’Unione Europea hanno finalmente raggiunto un accordo sulla Brexit. Il testo di oltre 1.200 pagine regola molti aspetti delle future relazioni bilaterali. Inclusi alcuni temi direttamente o indirettamente legati al clima.

La Brexit resta un divorzio in piena regola. Dal 1° gennaio 2021, la Gran Bretagna non parteciperà più all’azione congiunta dell’UE nel contrasto al cambiamento climatico. I negoziatori però hanno mantenuto una forma di legame su questo tema tra Londra e Bruxelles. Entrambe le parti, nel preambolo, si sono impegnate a garantire elevati livelli di protezione in settori quali la protezione ambientale, la lotta ai cambiamenti climatici e la fissazione del prezzo del carbonio. Altrove nel testo, il cambiamento climatico è definito “minaccia esistenziale per l’umanità”.

Clima e Brexit: le questioni di principio

Più in dettaglio, la politica climatica – o almeno alcuni dei suoi aspetti più generali – rientra tra le condizioni di principio dell’accordo commerciale. Le parti, infatti, hanno declinato il loro impegno climatico come uno dei fattori per garantirsi reciprocamente condizioni eque nella competizione economica.

Per questa ragione, sia Londra che Bruxelles riaffermano nell’accordo l’impegno a rispettare gli obiettivi climatici fissati al 2030 e, in prospettiva, l’obiettivo di lungo periodo di raggiungere la neutralità climatica (‘economy-wide’, quindi coinvolgendo tutti i settori produttivi nella transizione) entro la metà del secolo.

Cosa succede se UK e UE non viaggiano appaiate? In base all’accordo, se il Regno Unito non riesce a tenere il passo sui livelli di protezione del lavoro, sociale o ambientale dell’UE, e se ciò influisce sul commercio o sugli investimenti, Bruxelles potrebbe adottare misure proporzionate in risposta, come l’introduzione di dazi. Ipotesi abbastanza remota visto che dovrebbe superare un arbitrato internazionale, con una procedura lunga e laboriosa. Ma pur sempre una clausola che può scattare non solo se una delle due parti decidesse di ‘smontare’ alcune delle sue politiche, rendendole meno ambiziose, ma anche se Londra o Bruxelles saranno nettamente meno ambiziose della controparte.

I dettagli dell’accordo

Sotto il titolo IX della prima parte del testo, il capitolo 7 tratta specificamente di clima e ambiente. Le parti si impegnano a non diminuire i livelli di protezione ambientale (art. 7.2) e a mantenere ciascuno un mercato del carbonio funzionante (art. 7.3). Quest’ultimo deve comprendere le emissioni da generazione di energia elettrica, riscaldamento, industria e aviazione (gli aerei al più tardi entro il 2023).

L’articolo 7.4 presenta altri principi-cardine. UE e UK riconoscono di condividere un’unica biosfera e quindi di attenersi a tutte le convenzioni in materia ambientale e climatica, da Rio in poi. Si riconosce l’importanza di attenersi al principio di precauzione e a quello secondo cui ‘chi inquina paga’.

L’articolo 8.5 considera invece la cooperazione in quelle materie commerciali che riguardano il cambiamento climatico. Dopo aver ribadito il rispetto degli obiettivi di Parigi, le parti si impegnano ad abbattere tutte le barriere commerciali per i beni e i servizi che hanno particolare rilevanza per le politiche climatiche. L’articolo successivo individua nel CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora) lo strumento per affrontare la protezione della biodiversità.

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