La Commissione europea punta il dito su 30 zone di qualità dell'aria. Abbiamo 2 mesi di tempo per ridurre i livelli di particolato fine prima d’essere deferiti alla Corte di Giustizia
(Rinnovabili.it) – L’inquinamento atmosferico continua ad essere il tallone d’Achille delle politiche ambientali italiane. Dopo la tirata d’orecchie dell’Europa per gli alti livelli di biossido di azoto (NO2), arriva puntuale anche quella per i continui sforamenti dei limiti per il particolato (PM10). La Commissione Europea ha inviato oggi a Roma un parere motivato, ultimo avvertimento della fase pre-contenziosa, in cui esorta l’Italia ad intervenire rapidamente per ridurre lo smog legato alle polveri sottili.
Ultimo avvertimento per i livelli di PM10
Come in tutte le procedure d’infrazione, la diffida arriva parecchi mesi dopo la lettera di messa in mora, il primo campanello d’allarme suonato da Bruxelles per il Belpaese. Già a giugno 2016 l’esecutivo europeo aveva esortato l’Italia a sanare le lacune normative in materia di inquinamento atmosferico da PM10. Un avvertimento riguardante 30 zone di qualità dell’aria in tutto il territorio italiano in cui dal 1° gennaio 2005, data dell’entrata in vigore dei valori limite giornalieri di polveri sottili in sospensione (PM10), si sono registrati dei superamenti. Le zone in questione sono situate nelle regioni di Lombardia, Veneto, Piemonte, Toscana, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Lazio e Sicilia.
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In caso di superamento dei valori limite, gli Stati membri sono tenuti ad adottare e attuare piani per la qualità dell’aria che stabiliscano misure atte a porvi rimedio nel più breve tempo possibile. Le misure legislative e amministrative finora adottate dal governo non sono bastate a risolvere il problema. La situazione è più severa di quanto possa sembrare ad una lettura veloce della vicenda. Ogni anno l’inquinamento da PM10 provoca nel paese più di 66mila morti premature, rendendo l’Italia lo Stato membro più colpito in termini di mortalità connessa al particolato, secondo le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente.
In realtà si tratta di un problema su cui siamo particolarmente recidivi. Una precedente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, infatti, aveva già ritenuto l’Italia responsabile della violazione della legislazione UE pertinente per gli anni 2006 e 2007. Se il Paese non si attiverà entro due mesi, la Commissione potrà deferire il caso nuovamente al tribunale europeo.