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Più plastica sui fondali marini che in superficie

I pezzetti di plastica che si sono mischiati a sabbia e fango dei fondali oceanici hanno un volume 1000 volte superiore a quello delle 269.000 ton in superficie

più plastica sui fondali marini che in superficie

 

(Rinnovabili.it) – Dove sono finite le centinaia di migliaia di tonnellate di piccoli pezzetti di plastica che non galleggiano nell’Oceano? Gli scienziati credono di aver risolto il mistero: si sono mischiati al fango e alla sabbia del fondale.

I ricercatori erano rimasti fino ad ora perplessi, perché trovavano molta meno plastica in superficie dell’oceano di quanto previsto. A svelare l’arcano è stato uno studio condotto in tandem da un team britannico e uno spagnolo: a loro va il merito di aver rivelato che i sedimenti marini in profondità agiscono come un lavandino per queste microplastiche.

Analizzando campioni prelevati da 12 siti nell’Oceano Atlantico, nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano tra il 2001 e il 2012, gli studiosi hanno trovato per la prima volta che un grande quantitativo di microplastiche (di lunghezza inferiore a 1 mm) si era accumulato sul fondale. Le fibre sono state trovate a profondità che, a seconda dei mari, variavano da 300 a più di 3000 metri. Il loro volume supererebbe di 1.000 volte quello della plastica che invece galleggia in superficie.

 

La professoressa Lucy Woodall, del Museo di Storia Naturale di Londra, principale autrice dello studio, ha dichiarato che «è solo la punta di un iceberg. Le fibre sono onnipresenti nei nostri oceani e il nostro lavoro lo dimostra. Ora abbiamo bisogno di sapere quali sono le conseguenze sono sul nostro ambiente».

Uno studio all’inizio di dicembre, il più completo mai condotto finora, ha stimato che ci sono più di 5 mila miliardi di pezzi di plastica negli oceani del mondo, del peso di circa 269.000 tonnellate. Ma gli autori hanno avvertito che questa quantità rappresentava solo lo 0,1 per cento della produzione mondiale annua di plastica. Inutile dire che l’impatto sull’ecosistema marino di una tale mole di materiale non biodegradabile (se ne ricicla, nel mondo, soltanto il 5 per cento), è devastante.