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“Plastic Busters”, la barca acchiappa plastica nel santuario dei Cetacei

Iniziata la crociera ecologica per mappare la diffusione delle plastiche nella zona protetta del bacino corso-ligure-provenzale del Mediterraneo

 

(Rinnovabili.it) – L’Acquario di Genova ha ospitato i ricercatori italiani e francesi del progetto “Plastic Busters” in un incontro aperto al pubblico nel quale hanno illustrato la crociera di studio sull’impatto delle materie plastiche sull’ambiente marino che si svolge dall’8 al 18 settembre a bordo della nave oceanografica Astrea, di proprietà dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale che, partita da Livorno attraverserà le aree più sensibili del Santuario Pelagos, un’area di protezione dei mammiferi marini che si estende per circa 90.000 km2 nel Mediterraneo nord-occidentale tra l’isola di Sardegna, la Corsica e l’Arcipelago Toscano.

“Plastic Busters” è progetto presentato dal dipartimento di Scienze fisiche, della terra e dell’ambiente dell’Università di Siena, sotto la direzione della professoressa Maria Cristina Fossi. Il progetto ha già ottenuto l’adesione di 30 enti di ricerca e istituzioni internazionali e si avvale di strumenti di analisi e procedure validate in numerose campagne di monitoraggio sulla salute degli animali marini.

 

Maria Cristina Fossi dell’Università di Siena, Francois Galgani di Ifremer Francia, Teresa Romeo dell’ISPRA sono arrivati nel Porto di Genova direttamente con la nave oceanografica per illustrare gli obiettivi della spedizione e la situazione dell’inquinamento da plastiche nel Mar Mediterraneo.

Alla spedizione, oltre a scienziati dell’ISPRA, partecipano scienziati francesi dell’Institut Français de Recherche pour l’Exploitation de la Mer (IFREMER) e del Groupe Tortues Marines – Museum National d’Histoire Naturelle (Paris), e gli scienziati del progetto Plastic Busters dell’Università di Siena.

Sulla nave sono al lavoro anche ricercatori del Consorzio LaMMA (Laboratorio di Monitoraggio e Modellistica Ambientale per lo sviluppo sostenibile) e dell’Università di Ferrara.

 

Ogni gruppo di ricerca, grazie al supporto di questa nave specializzata in attività di ricerca nell’ambiente marino, avrà l’opportunità di raccogliere importanti dati sulla presenza delle plastiche e contemporaneamente, di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori commerciali, industriali e turistici con cui l’intero team di Astrea verrà a contatto nei porti.

In particolare, i ricercatori si occuperanno degli aspetti relativi al ruolo delle microplastiche nella catena alimentare, ovvero alla presenza e all’incidenza di frammenti di plastica nei contenuti stomacali di specie ittiche pelagiche e bentoniche, che verranno campionate nel corso della campagna con reti da traino (Plankton Hamburg net) e altri attrezzi da pesca.

I ricercatori del progetto pilota Plastic Busters, lanciato lo scorso anno dall’Università di Siena (www.medsolutions.unisi.it) nell’ambito della rete mondiale Sustainable Development Solutions Network, approfondiranno le indagini sugli organismi sentinella, verificando in particolare l’incidenza di sostanze come ftalati, inquinanti organici persistenti (POPs) e metalli pesanti sui tessuti di pesci, molluschi, tartarughe.

La missione di Astrea rappresenta un’ottima opportunità per approfondire le conoscenze scientifiche ma anche per sensibilizzare l’opinione pubblica e gli operatori commerciali, industriali e turistici con cui l’intero team di Astrea verrà a contatto nei porti.

 

Le domande a cui i ricercatori tenteranno di rispondere sono semplici: Che cosa mangia una tartaruga del Mediterraneo durante la sua vita oltre al cibo di cui si nutre? E una balena?

Plastica, molta plastica, come testimoniano i risultati dei ricercatori dell’Università di Siena da tempo impegnati nel monitoraggio della salute degli animali e delle acque marine.

Nello stomaco di una tartaruga sono stati trovati, ad esempio, fino a 143 frammenti di plastiche di tutti i tipi. Dei 3 miliardi di rifiuti che invadono il Mare Nostrum, tra il 70 e l’80% è infatti costituito da plastiche che contaminano la fauna marina e la catena alimentare, fino al pesce che arriva sulle nostre tavole.

 

L’inquinamento dell’ambiente marino è uno dei grandi problemi che l’uomo moderno deve affrontare. Tutto prima o poi finisce in mare. Il ciclo dell’acqua, il grande fluido vitale del pianeta, comincia e finisce in mare concentrando in esso tutti gli inquinanti incontrati durante il suo lungo percorso. La plastica e le microplastiche sono nuove di inquinamento, fino ad ora ancora troppo sottovalutate anche in generale l’inquinamento marino da plastica esiste da molto tempo. Sono circa 260 i milioni di tonnellate di plastica prodotti ogni anno, dei quali circa il 10 % finiscono in mare. Il Mare Nostrum, essendo chiuso e densamente popolato, “è uno dei più contaminati dalla plastica al mondo”, spiegano i ricercatori.

 

Sfortunatamente questi pezzi di plastica sono inevitabilmente destinati a degradarsi nell’ambiente marino frammentandosi in micro-particelle di dimensioni variabili tra gli 0,3 e 5 mm, le microplastiche, un problema di cui si è sempre parlato poco ma che sta finendo sotto la lente d’ingrandimento degli operatori di settore.

L’obiettivo del progetto “Plastic Busters” è quello di fare una “fotografia” completa delle macro e microplastiche riversate nel Mediterraneo, con le loro conseguenze negative sull’ambiente marino e sulla salute della sua fauna.

Ricerca, divulgazione al pubblico durante le soste nei porti, creazione di relazioni istituzionali altri importanti obiettivi del progetto “Plastic busters”, che mira a concordare con tutti i Paesi del Mediterraneo strategie concrete per mitigare il grave fenomeno dell’inquinamento da plastica.

 

di Marco FaimaliCNR-ISMAR  (marco.faimali@ismar.cnr.it)

 

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