Due studi internazionali gettano nuove ombre sulla regolamentazione dei fitofarmaci: Brasile e Stati Uniti userebbero milioni di tonnellate di prodotti vietati in altri Paesi, dove però vengono esportate derrate alimentari.
In Brasile, dall’arrivo di Bolsonaro sono aumentate le autorizzazioni per pesticidi vietati in Ue; negli Stati Uniti, il sistema vigente impiega anni prima di eliminare sostanze pericolose dal mercato
(Rinnovabili.it) – Il dibattito sul glifosato ha acceso i riflettori sull’utilizzo dei pesticidi chimici nell’agricoltura: legislazioni sempre più stringenti e il monitoraggio della produzione stanno abbattendo i rischi connessi all’utilizzo di prodotti pericolosi per gli esseri umani, tuttavia la situazione resta estremamente variegata, mentre il commercio internazionale porta prodotti alimentari trattati secondo le regole vigenti in un Paese sui mercati di altre nazioni, dove vigono parametri diversi.
Due recenti studi lanciano l’allarme per quanto riguarda i pesticidi utilizzati in Brasile e negli Stati Uniti, tra i maggiori produttori ed esportatori di prodotti alimentari al mondo.
Secondo i dati raccolti da Unearthed, un’agenzia collegata a Greenpeace UK, il Brasile starebbe conoscendo un forte incremento nelle autorizzazioni all’uso di pesticidi, molti dei quali vietati in Europa, sotto la presidenza di Jair Bolsonaro: da maggio 2019, sono 169 i nuovi pesticidi approvati in Brasile, di cui 78 contengono ingredienti classificati ad alto rischio per la salute umana dal Pesticide Action Network e 24 costituiti in parte da sostanze vietate nell’Unione europea.
Un trend che nel Paese sudamericano è in atto dal settembre 2016, quando alla guida c’era Michel Temer: da quella data, 1.270 nuovi pesticidi sono stati approvati in Brasile (oltre il doppio di quelli approvati nei precedenti 4 anni), di cui 193 contenti principi attivi vietati nell’Ue.
Il paradosso è ulteriormente alimentato dalle aziende produttrici, molte delle quali realizzano pesticidi nei Paesi d’origine per poi registrarli altrove: è il caso della tedesca Helm, di Amburgo, che nel 2019 ha registrato in Brasile 9 prodotti vietati in Germania. Tra questi, anche un diserbante a base di paraquat, fitofarmaco vietato in Europa dal 2007 e che dovrebbe essere escluso dal mercato anche nel Paese sudamericano a partire dal 2020. Intanto, però, il paraquat è commercializzato in Sudamerica dalla cinese ChemChina che possiede diversi stabilimenti di produzione nel Regno Unito.
Stesso discorso per l’impresa cinese Adama che dal 2016 ha registrato in Brasile 25 prodotti vietati in Europa, inclusi due a base di acefato, un insetticida organofosfato il cui utilizzo è soggetto a forti restrizioni in Cina dal 2017.
Ancora nel 2019, il Brasile ha approvato tre pesticidi a base di atrazina, un erbicida vietato in Ue dal 2003 perché responsabile di castrazione chimica delle rane. Anche in questo caso, i prodotti a base di atrazina venduti sul mercato brasiliano sono prodotti altrove, dall’azienda svizzera Syngenta, recentemente acquisita da ChemChina.
Interrogati da Unearthed, fonti del Ministero dell’Agricoltura brasiliano hanno spiegato l’aumento delle autorizzazioni con la riorganizzazione dell’Anvisa, l’agenzia governativa deputata ad approvare i nuovi prodotti fitofarmaci, e l’ampliamento dello staff dotato di competenze chimiche.
Anche negli Stati Uniti sono in commercio numerosi pesticidi e diserbanti proibiti altrove, tuttavia le ragioni sono leggermente diverse da quelle brasiliane: come spiega una ricerca del Center for Biological Diversity pubblicata sulla rivista Environmental Health, il sistema di protezione ambientale a stelle strisce si basa essenzialmente sull’autodisciplina delle aziende e non su forti proibizioni imposte dall’alto.
L’assunto è che le imprese siano abbastanza responsabili da autoregolamentarsi e in effetti lo studio segnala come negli ultimi 20 anni quasi tutti i pesticidi e le sostanze eliminate dal mercato siano state volontariamente ritirate dai produttori.
D’altra parte, il sistema americano produce uno scenario inevitabilmente diverso rispetto a quelli in cui vigono regolamenti imposti da autorità centrali: lo studio spiega che su oltre 544 milioni di tonnellate di pesticidi usati sul suolo USA nel 2016, circa 146 milioni di tonnellate erano prodotti proibiti nell’Unione europea, 18 milioni di tonnellate erano vietati in Cina e 11 milioni di tonnellate proibiti proprio in Brasile.
Nello specifico, l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente statunitense (EPA) permette l’utilizzo di 72 prodotti già vietati o in procinto di divieto nell’Ue, 17 vietati o prossimi al divieto in Cina e 11 prodotti vietati o in procinto di divieto in Brasile.
Uno scenario composito che coinvolge inevitabilmente consumatori anche in altre zone del mondo: le crescenti autorizzazioni di pesticidi vietati in Brasile ha portato la catena svedese di supermercati bio Paradiset a bloccare la vendita di prodotti provenienti dal Paese carioca e a lanciare la campagna social #BoycottBrazilianFood.
Francia e Vietnam hanno recentemente annunciato l’intenzione di eliminare dal proprio mercato diserbanti a base di glifosato, approvato e commercializzato soprattutto negli Stati Uniti, dove le recenti cause giudiziarie contro la Bayer Monsanto stanno rimettendo in discussione l’impatto di simili sostanze sulla salute umana.