Maso: “Pochi baroni della pesca industriale si stanno sconsideratamente arricchendo attraverso lo sfruttamento dei nostri mari, senza rispetto per l’ambiente e le popolazioni che da queste risorse dipendono”
(Rinnovabili.it) – Oggi la pesca eccessiva sta mettendo in serio pericolo oltre il 90 per cento degli stock ittici mondiali. Il sovra sfruttamento non risparmia neppure il mediterraneo dove il 96 per cento delle specie di fondale è soggetto depauperamento e per gli stock di acque intermedie come la sardina e l’acciuga, la percentuale è pari o superiore al 71 per cento. A rilanciare l’allarme su una situazione che appare sempre più insostenibile è Greenpeace nel nuovo rapporto “Monster Boats, flagello dei mari”. Il documento denuncia i veri mostri marini di oggi, venti mega pescherecci che stanno razziando mari e oceani di tutto il mondo attraverso metodi di pesca distruttivi. Un esempio su tutti, i FAD (Fish Aggregating Devices – Sistemi di Aggregazione per Pesci), oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno, ma anche specie minacciate come tartarughe marine, squali balena e altri pesci che regolarmente finiscono in queste reti in modo accidentale. Una volta pescati, tonni diversi vengono conservati e congelati tutti insieme a bordo, e la loro identificazione risulta difficile. L’utilizzo di questi sistemi stanno distruggendo l’ecosistema marino e soprattutto stanno portando al collasso gli stock di tonno.
“Pochi baroni della pesca industriale si stanno sconsideratamente arricchendo attraverso lo sfruttamento dei nostri mari, senza rispetto per l’ambiente e le popolazioni che da queste risorse dipendono. Lo fanno utilizzando dei trucchi per aumentare il proprio accesso alle aree di pesca o aggirare palesemente le regole e le normative esistenti, dal cambiare identità o bandiera ai loro pescherecci all’utilizzare compagnie di facciata o paradisi fiscali – dichiara Serena Maso, campaigner mare di Greenpeace Italia – I governi europei non possono più chiudere gli occhi di fronte alla pesca eccessiva, e troppo spesso illegale. Devono eliminare dalle loro flotte industriali quei “mostri” che stanno svuotando i nostri mari e sostenere invece i pescatori artigianali che pescano in modo sostenibile”. E l’Italia non può dirsi estranea al problema: anche se non possediamo pescherecci così grandi e potenti, non si può escludere che anche nella nostra distribuzione alimentare arrivi il tonno pescato da questi mega pescherecci. “È ora che le compagnie che producono tonno in scatola scelgano i loro fornitori in base ai metodi di pesca, abbandonando quelli distruttivi a favore del tonno pescato in modo sostenibile. Se i governi non si muovono, il mercato può cambiare ciò che succede in mare” conclude Maso.