Con un nuovo documento l'Italia è più consapevole della propria ricchezza. Fauna e flora sono le più eterogenee d'Europa e meritano una Strategia di tutela ad hoc
(Rinnovabili.it) – L’Italia ha dato spazio al primo studio che che sistematizza i dati sul capitale ambientale di 23 aree protette. “Parchi nazionali: dal capitale naturale alla contabilità ambientale” è il documento che mette in evidenza la presenza di 56mila specie viventi, ovvero il maggior numero presente in Europa che fanno emergere un livello di conservazione e salvaguardia naturale “concreto ed effettivo”, come ha dichiarato il Ministro dell’Ambiente Clini.
Delle specie classificate il 98% sono insetti e altri invertebrati; i mammiferi sono rappresentati da ben 118 specie diverse mentre tra le foreste le più importanti e abbondanti sono faggete e querceti, che contribuiscono attivamente alla mitigazione dell’effetto serra. Il ruolo strategico dei parchi nazionali consiste anche nella riduzione del rischio frane e limitano il consumo di suolo.
La pubblicazione, curata dal ministero dell’Ambiente, permette di avere a portata di mano una condizione complessiva completa dello stato di salute dei nostri boschi e classifica le specie viventi che vi abitano insieme al censimento degli ecosistemi e dei paesaggi contenuti nei 23 territori presi in esame.
“Nel contesto della Strategia Nazionale per la Biodiversità – scrive il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, nella presentazione della pubblicazione – è stato definito un sistema di ‘contabilità ambientale’ nelle aree protette a partire da una ricognizione integrata e coordinata del patrimonio naturalistico noto e presente nei nostri parchi nazionali. Il risultato è di rilievo: i parchi nazionali sono rappresentativi delle peculiari ricchezze naturalistiche del nostro Paese e il livello di conservazione e salvaguardia naturale nei nostri parchi è concreto ed effettivo, maggiore rispetto alla aree non tutelate. Ed è un risultato importante – conclude il ministro – perché l’emergenza dei cambiamenti climatici richiede di rafforzare ed estendere la ‘resilienza’ dei sistemi naturali. E perché la crisi economica ci impone di adottare nuovi modelli basati sulla conservazione e valorizzazione efficiente delle risorse naturali, che sono il nostro ‘petrolio’”.