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Oceani e criosfera sono ormai cambiati, l’adattamento è l’unica via

L’allarme dell’IPCC: gli eventi estremi, il ritiro dei ghiacci e la perdita della vita marina sono già inevitabili. Ma riducendo drasticamente le emissioni, le conseguenze saranno più gestibili

oceani criosfera
Credit: Jerzy Strzelecki (CC BY 3.0)

Il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici pubblica il Report su oceani e criosfera in un clima in cambiamento

(Rinnovabili.it) – Gli oceani e la criosfera – le parti del pianeta coperte dal ghiaccio – svolgono un ruolo fondamentale per la vita sulla Terra. Ma decenni di riscaldamento globale e cambiamenti climatici hanno provocato un danno difficilmente riparabile. Oggi i mari sono più caldi, più acidi e meno produttivi; i ghiacciai si stanno ritirando aumentando il rischio di frane e inondazioni e alterando la disponibilità d’acqua; la fusione delle calotte glaciali sta aumentando i livelli del mare mentre gli eventi estremi costieri diventano più gravi e frequenti.

A mostrare l’ennesima crisi ecologica del Pianeta è il nuovo rapporto dell’IPCC (acronimo inglese di Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici), presentato stamane nel Principato di Monaco. Il documento,Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate”, è frutto del lavoro di 100 autori provenienti da 36 paesi, che hanno valutato l’ultima letteratura scientifica in tema di oceani e criosfera attraverso 7000 pubblicazioni. Il messaggio principale del testo è che le emissioni stanno avendo seri impatti su questi preziosi ecosistemi e la brutta notizia è che un peggioramento della situazione potrebbe essere inevitabile.

 

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È un quadro difficile quello presentato nelle pagine del report su cui però necessario aprire gli occhi. “Il mare aperto, l’Artico, l’Antartico e i ghiacciai montani possono sembrare elementi lontani per molte persone“, spiega Hoesung Lee, presidente dell’IPCC. “Ma dipendiamo da loro e ne siamo influenzati direttamente e indirettamente […] Se riduciamo drasticamente le emissioni, le conseguenze per le persone e il loro sostentamento saranno ancora difficili, ma potenzialmente più gestibili”. “Aumentiamo la nostra capacità di costruire resilienza  – ha aggiunto Lee – e ci saranno più benefici per lo sviluppo sostenibile”.

 

I dati del report IPCC su oceani, calotte glaciali e ghiacciai

Gli esperti stimano che i ghiacciai più piccoli, trovati ad esempio in Europa, Africa orientale, nelle Ande tropicali e in Indonesia potrebbero perdere oltre l’80% della loro attuale massa entro il 2100 mettendo a rischio sia le comunità montane che quelle molto più a valle, con implicazioni in settori come l’agricoltura e l’energia idroelettrica.

Anche le calotte glaciali in Gronelandia e Antartide stanno perdendo massa e la conseguenza diretta, in questo caso, è l’aumento del livello del mare: i dati indicano una crescita di circa 15 cm nel corso del 20° secolo, con un trend che è più che raddoppiato negli ultimi anni e mostra oggi segni di ulteriori accelerazioni. Il rapporto IPCC immagina un aumento dei livelli marini di 30-60 cm entro la fine del secolo anche riuscendo a contenere il riscaldamento globale a più 2°C. In caso contrario, si potrebbe superare facilmente il metro.

 

Ciò significa veder scomparire tratti importanti di coste e suoli ma anche assistere ad eventi estremi sempre più frequenti e aggressivi. Per la precisione, gli scienziati ritengono che a prescindere dal grado di riscaldamento, eventi in passato verificatasi solo una volta al secolo diverrebbero fenomeni annuali entro il 2050 in molte regioni.

 

La questione è ancor più delicata se si guarda da vicino i diversi ruoli dell’ecosistema marino. Attualmente gli oceani hanno assorbito oltre il 90 per cento del calore in eccesso nel sistema climatico, un dato destinato ad aumentare, in ogni caso, con seri danni per uomo e natura: il riscaldamento delle acque oceaniche, infatti, riduce la miscelazione tra i diversi strati e, di conseguenza, l’apporto di ossigeno e sostanze nutritive presenti. Non solo. L’oceano ha assorbito dal 20 al 30 per cento delle emissioni di biossido di carbonio antropogeniche dagli anni ’80 a oggi, abbassando progressivamente il suo Ph. Questi due fattori stanno già influenzando la distribuzione e l’abbondanza della vita marina.