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Proteste No DAPL, arresti di massa contro attivisti e giornalisti

Oltre 120 persone sono state arrestate nel fine settimana dalla polizia del North Dakota. Oltre ai manifestanti riuniti per un sit-in pacifico sono finiti in manette anche i reporter

Proteste No DAPL, arresti di massa contro attivisti e giornalisti

 

(Rinnovabili.it) – Attivisti No DAPL che protestano insieme ai nativi americani della tribù Sioux Standing Rock. Ma anche giornalisti e cameraman che garantiscono l’informazione sul progetto del mega oleodotto Dakota Access. Sono tutti finiti in prigione, dopo una retata della polizia che ha proceduto all’arresto di massa di oltre 120 persone durante il fine settimana, mentre si teneva un sit-in non violento. Si alza così il livello dello scontro fra le autorità americane e i manifestanti, che da più di 6 mesi hanno bloccato i lavori del progetto da 4 miliardi di dollari.

Il DAPL è una pipeline di oltre 1.800 km che si dovrebbe snodare tra North Dakota, South Dakota e Ioha per trasportare circa 500mila barili di petrolio al giorno. Secondo gli Standing Rock, che hanno fatto causa alla compagnia con l’appoggio dell’Ong Earthjustice, la pipeline rischia di inquinare irrimediabilmente le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle, oltre la riserva. Inoltre la tribù afferma che l’oleodotto attraversa terre che considera sacre e vìola quindi il National Historic Preservation Act.

 

Proteste No DAPL, arresti di massa contro attivisti e giornalistiA metà settembre i manifestanti avevano ottenuto una storica vittoria ambientalista e il momentaneo stop ai lavori, ma la compagnia che gestisce l’oleodotto, Energy Transfer, aveva affermato di voler continuare la posa. Non è la prima volta che la polizia usa la forza in modo sproporzionato contro i manifestanti No DAPL. Solo la settimana scorsa era stata arrestata Amy Goodman, giornalista di Democracy Now!, scatenando un’ondata di proteste in tutti gli Usa. L’arresto di Goodman non è stato poi convalidato dal giudice. La documentarista Deia Schlosberg, fermata, rischia 45 anni di galera per aver filmato le proteste.

Secondo quanto raccontano decine di testimoni, nel fine settimana la polizia ha alzato il tiro. Avrebbe preso di mira manifestanti in atteggiamento pacifico, picchiandoli con bastoni e usando spray al peperoncino in modo indiscriminato. Avrebbe anche requisito le videocamere e le macchine fotografiche dei giornalisti. “E’ il tipo di cose che si vedono in Medio Oriente”, ha commentato la giornalista Jihan Hafiz, anche lei finita in manette. Le proteste No DAPL hanno catalizzato l’attenzione e il supporto di centinaia di gruppi ambientalisti in tutto il mondo, che dopo i fatti del weekend accusano le autorità di voler silenziare la protesta e di non rispettare il diritto alla libertà di informazione.