Ventidue anni fa, nove attivisti che si opponevano a Shell nello sfruttamento del petrolio in Nigeria, furono impiccati dai militari. Il ricorso di una vedova riapre il caso
(Rinnovabili.it) – Il 10 novembre 1995, nove persone furono impiccate dalla giunta militare nigeriana. Le vittime, conosciute come “i nove Ogoni”, appartenevano o erano vicine al Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (Mosop): tra loro figurava anche lo scrittore ed attivista ecologista Ken Saro-Wiwa, leader del movimento.
Secondo Amnesty International, la Shell, impegnata in quegli anni nello sfruttamento del petrolio in Nigeria, avrebbe chiesto al governo di bloccare le interferenze del Mosop, ben sapendo che ciò avrebbe portato a violazioni dei diritti umani da parte dei militari.
Per questo oggi l’associazione rivela che la Shell dovrà comparire davanti a un tribunale civile olandese per la complicità nell’arresto illegale, nella detenzione e nell’esecuzione dei nove uomini. La causa è stata intentata da Esther Kiobel e altre tre vedove delle vittime: Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula. Barinem Kiobel, infatti, è uno dei nove uomini assassinati quasi 22 anni fa. Esther non ha mai smesso di lottare per la ottenere verità sul suo omicidio, e con questa nuova causa intende appurare le responsabilità della multinazionale del petrolio.
Poche settimane prima che “i nove Ogoni” fossero arrestati, il presidente della Shell Nigeria si incontrò con l’allora capo della giunta militare, il generale Sani Abacha. In quell’occasione, rivela Amnesty, sollevò «il problema degli Ogoni e di Ken Saro-Wiwa». Non era la prima volta, spiega l’associazione umanitaria, che la Shell si impegnava affinché le forze militari e di sicurezza si adoperassero per “gestire” la protesta, ricordando alle autorità gli impatti economici causati dal Mosop.
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Le esecuzioni che seguirono hanno sollevato un’ondata di indignazione in tutto il mondo, dalla quale Shell ha tentato di proteggersi negando ogni responsabilità e complicità negli ultimi due decenni. Ora, «grazie alla determinazione di Esther Kiobel e al suo coraggio, la sua battaglia per la giustizia è ad un punto di svolta – ha detto Audrey Gaughran, direttrice di ricerca senior di Amnesty International – Shell deve rispondere per le impronte di sangue che ha lasciato in tutto l’Ogoniland».
L’uccisione degli attivisti è stata il tragico climax di una brutale campagna organizzata dai militari nigeriani per mettere a tacere le proteste del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni (MOSOP). Ken Saro-Wiwa e i suoi accusavano la Shell di arricchirsi con il petrolio estratto sul territorio, degradandolo con l’inquinamento dell’acqua e dell’aria fino a causare un disastro ecologico.
Governo e Shell erano partner nello sfruttamento di numerosi giacimenti nel delta del Niger e presto i militari sono venuti in soccorso dell’azienda, rispondendo alle proteste con omicidi, torture e stupri. La posta in gioco, per loro, era troppo importante: Shell riempiva un milione di barili al giorno, la metà della produzione giornaliera di uno stato che doveva il 96% dei guadagni dell’export al settore del petrolio.
Così, una trama orribile prese forma nel 1994: a maggio la morte di quattro capi Ogoni noti per essere oppositori del movimento di Ken Saro-Wiwa, diede il gancio al governo – senza presentare alcuna prova – per arrestare decine di persone, tra cui lo scrittore e Barinem Kiobel. Kiobel non era un membro del Mosop, ma occupava una posizione di governo e si era espresso criticamente nei confronti delle azioni militari in Ogoniland.
«Dopo gli arresti – scrive Amnesty International – almeno due testimoni dell’accusa si fecero avanti dicendo che erano stati corrotti dal governo per incriminare l’imputato, anche attraverso offerte di posti di lavoro presso la Shell, e che l’avvocato di Shell era presente al momento della corruzione. Shell ha sempre negato queste affermazioni».
Il 31 ottobre 1995, un tribunale nigeriano condannava a morte i nove Ogoni. La sentenza veniva eseguita il 10 novembre e i corpi gettati in una fossa comune. Ora le responsabilità di Shell in questo crimine verranno appurate da un tribunale olandese.