La soluzione ipotizzata da un team di ricercatori del Potsdam Institute for Climate Impact Research: miliardi di tonnellate d'acqua pompate in cielo per generare neve e ispessire la superficie degl'instabili ghiacciai nell'Ovest Antartide.
Impianti eolici, turbine e pompaggio dell’acqua per creare neve artificiale avrebbero però un effetto devastante sull’ecosistema antartico
(Rinnovabili.it) – Lo scivolamento in mare dei grandi ghiacciai antartici potrebbe essere evitato pompando miliardi di litri di acqua marina nel cielo così da generare tonnellate di neve artificiale: la suggestione per fermare lo scioglimento della calotta antartica e il conseguente innalzamento degli oceani arriva da uno studio del Potsdam Institute for Climate Impact Research (PIK) pubblicato sulla rivista Science Advances.
Attraverso simulazioni e modelli matematici, gli studiosi tedeschi hanno scoperto che anche riducendo le emissioni di gas serra come previsto dall’Accordo di Parigi, il processo di scioglimento dei ghiacciai nell’Ovest dell’Antartide è ormai inevitabile e dovrebbe portare entro i prossimi secoli all’innalzamento dei livelli del mare tra i 3 e i 5 metri in tutto il mondo.
La particolare conformazione dei ghiacciai Thwaithes e Pine Island, che si estendono direttamente in mare aperto per centinaia di chilometri, è all’origine del rapido processo di scioglimento in atto nella regione: le acque sempre più calde che raggiungono il Mare di Amundsen s’infiltrano al di sotto delle masse ghiacciate andando a intaccare la stabilità dei due ghiacciai, destinati a scivolare rapidamente nell’oceano.
Di qui il tentativo degli scienziati di analizzare ogni possibile soluzione per aumentare lo spessore dei ghiacciai a rischio: gli autori dello studio sostengono che utilizzando circa 12 mila turbine eoliche per pompare l’acqua del mare a 1.500 metri di altezza (dove le basse temperature la trasformerebbero in neve) si potrebbe impedire il collasso della superficie ghiacciata nell’Ovest dell’Antartide.
Il procedimento prevede l’utilizzo di diversi miliardi di tonnellate d’acqua marina ogni anno (per un totale stimato di 7.400 gigatonnellate) e andrebbe ripetuto per un decennio prima di avere un effetto stabilizzante sulla tenuta dei ghiacciai antartici.
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Il team di ricerca tedesco non prevede eventuali costi economici, ma avverte che il prezzo da pagare in termini ambientali sarebbe elevatissimo: “Siamo pienamente consapevoli del carattere distruttivo di una simile intervento – ha spiegato il professor Johannes Feldmann, tra i principali autori dello studio – Mettere in piedi un impianto eolico di tali dimensioni, tutte le altre infrastrutture necessarie nel Mare di Amundsen e la stessa estrazione di enormi quantità d’acqua dall’oceano significano essenzialmente perdere un habitat naturale unico”.
“Il nodo fondamentale è se l’umanità è disposta a sacrificare l’Antartide per proteggere le regioni costiere attualmente abitate e il patrimonio culturale che abbiamo e stiamo costruendo sulle nostre coste – ha precisato il professor Andrew Levermann del PIK – Si tratta di metropoli globali come New York o Shangai che nel lungo periodo finiranno sotto il livello del mare se non faremo nulla. Non si può negoziare con la fisica: questo è il dilemma”.
Gli autori della ricerca hanno spiegato che la soluzione proposta avrebbe un senso solo ed esclusivamente considerando il calo delle emissioni di gas serra nei limiti previsti dall’Accordo di Parigi e che un eventuale diverso scenario potrebbe invalidare qualsiasi tentativo di bloccare lo scioglimento dell’Antartide.
“L’apparente assurdità di far innevare l’Antartide per fermare l’instabilità dei ghiacciai riflette la dimensione del problema del livello del mare – ha concluso il professor Levermann – Tuttavia, come scienziati, riteniamo che sia nostro dovere informare la società su ogni singola opzione disponibile per contrastare i problemi futuri, per quanto incredibile possa sembrare: al fine di prevenire un rischio senza precedenti, il genere umano potrebbe dover fare uno sforzo senza precedenti”.
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