Continua lo speciale “diario di viaggio” della XXIX campagna antartica estiva 2013-2014, promossa nell’ambito del PNRA, stavolta scoprendo cosa si nasconde nello speciale "ghiaccio a piastrine"
Mi sono reso conto solo ora che non ho ancora raccontato nulla delle reali motivazioni per le quali ho raggiunto il sud del mondo.
Come ricercatore ho avuto la possibilità di partecipare per la prima volta al bando annuale che consente ai gruppi di ricerca italiani di proporre i propri progetti e candidarsi per essere selezionati tra i membri delle spedizioni italiane.
Tutto questo grazie alla collaborazione con Marino Vacchi, il ricercatore ISPRA recentemente associato ad ISMAR-CNR, con il quale ho cominciato a collaborare da qualche anno e che ringrazio pubblicamente per avermi offerto questa grande opportunità.
L’Antartide può essere considerato un grande laboratorio naturale ancora incontaminato che permette a scienziati di tutto il mondo di eseguire studi e esperimenti scientifici di grande importanza. L’Italia ha firmato il Trattato Antartico nel 1981 ed è diventata membro effettivo nel 1987. Il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) è stato avviato nel 1985 e attualmente è in corso la XXIX spedizione alla quale ho l’onore di partecipare.
Durante il primo periodo della XXIX campagna antartica presso la MZS sono presenti (me compreso) circa 20 ricercatori provenienti da diversi Enti di Ricerca ed Università italiane che portano avanti ricerche multidisciplinari che riguardano argomenti come i cambiamenti climatici, la tecnologia, l’innovazione e la sperimentazione in ambienti estremi, la ricerca di supporto alla logistica e la biologia ed ecologia del sistema antartico. Una sintesi di tutte le ricerche attualmente attive in questo periodo della spedizione è disponibile in questo pdf (Ricerche attive al I° periodo presso la MZS) preparato dal coordinatore scientifico del I° periodo di campagna, il Prof. Francesco Regoli (Dip. Scienze Vita e Ambiente – Università Politecnica delle Marche).
Il progetto a cui partecipo si intitola “RAISE: Ricerche integrate sulla ecologia dell’AntarctIc Silverfish nel MarE di Ross” e prevede l’integrazione di approcci ecologici (mediante tecniche microbiologiche e di microscopia) e tecnologie robotiche innovative (mediante l’utilizzo di un mini-veicolo subacqueo) per studiare l’area di riproduzione dell’Antarctic Silverfish (Pleuragramma antarcticum), il pesce più abbondante del Mare di Ross e fondamentale componente della catena alimentare antartica.
Il nostro gruppo di ricerca, composto da ricercatori dell’ISPRA, del CNR (ISMAR e ISSIA) e dell’Università di Genova (DISTAV) ha il compito di studiare il ruolo ecologico di questo fondamentale componente dell’ecosistema antartico.
Il Mare di Ross, è considerata l’area marina più incontaminata del globo, sebbene crescano preoccupazioni sull’impatto della pesca e dei cambiamenti climatici. Nonostante la grande rilevanza ecologica del Silverfish, rimangono molte lacune sulla sua riproduzione, sul ciclo vitale e sullo specifico ruolo nella struttura della rete alimentare. Progressi sul ciclo vitale del Silverfish sono stati compiuti dopo l’individuazione della prima area di riproduzione, Silverfish Bay (Nord Terra Nova Bay), dove è stato scoperto che questi pesci depongono delle uova “galleggianti” che raggiungono la parte inferiore della banchisa dove si forma uno strato molto particolare di ghiaccio chiamato “ghiaccio a piastrine” (platelet ice).
Il “giaccio a piastrine” può arrivare anche a diversi metri di spessore e costituisce un ambiente estremamente particolare dove queste uova passano molto tempo, protette in questa struttura di ghiaccio e acqua interstiziale, prima dell’arrivo della primavera e della schiusa che coincide con lo scioglimento di questo particolare strato sommerso del pack.
L’obiettivo della nostra ricerca è quello di aumentare le conoscenze sulle caratteristiche biologiche che permettono l’incubazione delle uova nel difficile ambiente del platelet ice, sulle relazioni biofisiche tra uova e scaglie di ghiaccio e definire meglio il ruolo del silverfish nella comunità criopelagica studiandone lo sviluppo larvale, il ciclo vitale e le interazioni nella catena alimentare antartica.
Per raggiungere questi obiettivi stiamo integrando per la prima volta approcci ecologici e tecnologie robotiche innovative. La nostra giornata tipo prevede delle uscite in motoslitta o elicottero nei diversi siti di campionamento dedicati alla perforazione del pack per raggiungere lo strato sottostante di “ghiaccio a piastrine” e prelevare dei campioni di platelet ice, acqua e uova e tutti gli organismi associati a questo ambiente.
I fori possono essere eseguiti sia con trivelle a mano che con una speciale trivella a motore chiamata “farfallone” per via della sua forma a libellula.
Solitamente la “banda del buco” è un team costituito da uno o due incursori o guide alpine e noi ricercatori che, una volta arrivati sul punto di perforazione, inizia le operazioni di trivellazione fino ad arrivare a “forare” l’ultimo strato dei 220 centimetri di ghiaccio solido che costituiscono il pack. Non appena questo avviene, il foro si riempie immediatamente di ghiaccio a piastrine e di tutto il suo contenuto.
Se le uova di Silverfish sono presenti è abbastanza facile individuarle in quanto gli “occhietti neri” degli embrioni sono estremamente visibili tra il bianco e la trasparenza del ghiaccio.
Mediante uno speciale strumento vengono immediatamente prelevati sub-campioni da 7 litri di questo mix di ghiaccio, acqua e organismi che verranno messi in contenitori per il trasporto in laboratorio.
Subito dopo vengono prelevati a diversa profondità campioni di acqua con delle speciali bottiglie con chiusura a comando e inoltre, mediante uno speciale sensore multiparametrico immerso nel foro, vengono misurati tutti i valori fisico-chimici di riferimento per questo particolarissimo ambiente.
Infine utilizzando un mini-ROV, un veicolo subacqueo filoguidato immerso sotto il ghiaccio, vengono registrate immagini ad alta risoluzione dell’ambiente del “platelet ice” in condizioni naturali e grazie ad una speciale pompa di aspirazione vengono raccolte le uova e tutti gli altri organismi che colonizzano la parte inferiore del pack.
Solitamente per ogni foro di campionamento occorrono almeno 3 ore di lavoro e solitamente riusciamo a concludere le attività al massimo su un paio di siti al giorno.
Una volta tornati alla base il “bottino” della giornata viene lavorato per preparare le diverse frazioni del campione per le analisi microbiologiche e quelle di microscopia. Occorrono almeno due giorni di lavoro per processare i campioni e prepararli, secondo appositi protocolli di conservazione, per il loro lungo viaggio via nave verso l’Italia alla fine della spedizione (Febbraio).
Inoltre, da qualche giorno, grazie all’ottimo risultato ottenuto con il mini-ROV, abbiamo iniziato anche un allevamento in laboratorio per poter seguire la schiusa delle uova e lo sviluppo delle larve eseguendo esperimenti sul regime di alimentazione necessario per il loro sviluppo. Ieri abbiamo ottenuto la schiusa dei primi stadi larvali in laboratorio e ne siamo particolarmente contenti.
In questi giorni di lavoro intenso ho anche festeggiato il mio primo compleanno antartico con una speciale festa, splendidamente organizzata dal personale dedicato alla cucina della base (Franco, Emanuele e Luigi) ed ho ricevuto un regalo di un valore per me inestimabile: un uovo di pinguino imperatore (di cartone!) firmato da tutti i miei compagni della “banda del buco”. Un compleanno che difficilmente dimenticherò.
Marco Faimali (ISMAR-CNR) – Progetto RAISE – PNRA – XXIX Campagna Antartica