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Microplastiche in Antartide, nessun oceano è ormai libero

I dati raccolti durante la Volvo Ocean Race mostrano che le microplastiche hanno raggiunto ormai i luoghi più remoti del pianeta

microplastiche

 

Le microplastiche sono arrivate al Polo Sud

 

(Rinnovabili.it) – Forse non si eccede in retorica nel dire che  le microplastiche hanno ormai colonizzato quasi ogni parte del mondo. Almeno guardando i risultati della raccolta di campioni realizzata durante la Volvo Ocean Race, gara di vela intorno al mondo che si tiene ogni tre anni. Come la regata, il programma scientifico è finanziato dalla celebre casa automobilistica svedese. L’obiettivo è mappare, durante il percorso a tappe, la salute dei mari del mondo. Gli esperti hanno presentato i risultati al summit oceanico di Hong Kong, mostrando di aver trovato microparticelle di plastica nell’Oceano Antartico, nei pressi dell’Antartide Ice Exclusion Zone.

Rispetto agli altri territori, in ogni caso, il numero di microplastiche è inferiore:  sono state reperite mediamente 4 particelle per metro cubo. Oltre un milione per chilometro quadro sono state invece rinvenute nell’Oceano Atlantico meridionale, a ovest di Città del Capo, in Sud Africa. E nella terza tappa della gara, gli esperti ne hanno censite un milione e mezzo ad est del Sudafrica. Anche in Australia, nelle acque vicino a Melbourne, sono state trovate un milione di microplastiche per chilometro quadrato di oceano.

 

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Queste minuscole particelle, inferiori ai 5 millimetri, sono frammenti che spesso derivano dalla disintegrazione di oggetti più grandi, ad esempio sacchetti o bottiglie monouso. La raccolta dei campioni è stata curata dal team “Turn the Tide on Plastic”, durante la competizione mondiale. Il Dr. Sören Gutekunst, esperto dell’istituto tedesco Geomar che ha presentato i risultati durante il summit, sostiene che «queste nuove informazioni confermano i risultati che avevamo precedentemente raccolto nelle acque europee, e mostrano che nell’oceano vi sono costantemente alti livelli di microplastiche».

Oltre all’inquinamento, i frammenti possono entrare nella catena alimentare degli animali e dell’uomo, con potenziali rischi per la salute.