Il Sydney Morning Herald ha scoperto che l'estrazione della mica, impiegata dall'industria cosmetica per gloss, ombretti, smalti per unghie, è legata allo sfruttamento del lavoro minorile in una regione povera dell'India orientale
Un vero e proprio giro d’affari, costruito sulla pelle di bambini che vengono ripagati con 5 rupie (circa 8 centesimi di dollaro) per chilogrammo di mica estratto, mentre sul mercato internazionale questa risorsa può raggiungere prezzi fino a 1.000 dollari per chilogrammo. Il Sydney Morning Herald osserva: “Il lavoro è duro e pericoloso. I bambini che lavorano nelle miniere rischiano morsi di serpenti e punture di scorpione, e le grotte scavate da loro stessi spesso collassano. Sono inoltre frequenti tagli, infezioni della pelle e malattie respiratorie, come la bronchite, silicosi e l’asma”.
La marca di cosmetici australiana Napoleon Perdis – società che possiede MAC, Clinique, Bobbi Brown e Estee Lauder – ha riferito al quotidiano che meno del 10% della mica utilizzata nei loro prodotti proviene dall’India e di poter escludere l’implicazione dei propri fornitori con lo sfruttamento minorile. Molti altri giganti della cosmesi invece, come L’Oreal Group, Lancome, Redken, Maybelline, Body Shop e Yves Saint Laurent hanno invece rifiutato di rispondere. In attesa di dichiarazioni ufficiali dalle case produttrici di trucchi, il consumatore può fare un piccolo passo verso la sostenibilità. Come? Informandosi sulla presenza o meno della mica sui database on line per la consultazione degli ingredienti cosmetici come il Biodizionario e Skin Deep.