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Mercurio, la spada di Damocle nei Paesi in via di sviluppo

Le emissioni di questo metallo tossico provenienti dalle miniere d'oro sono oggi notevolmente superiori a quelle segnalate nel 2008

(Rinovabili.it) – Le comunità dei paesi in via di sviluppo sono sempre più sotto pressione da parte del rischio sanitario ed ambientale dettato dalle emissioni di mercurio. A rivelarlo è l’ultimo rapporto  pubblicato dall’Onu in vista dei prossimi negoziati internazionali, appuntamento in cui i paesi del mondo dovranno firmare il nuovo contratto internazionale sul tema. La relazione, elaborata dal programma ambientale delle Nazioni Unite, rivela come parti importanti di Africa, Asia e Sud America potrebbero in pochissimo tempo andare incontro ad un importante aumento delle emissioni di questo pericoloso metallo principalmente a causa dell’attività mineraria per l’estrazione dell’oro su piccola scala e per la combustione del carbone per la produzione di energia elettrica.

 

Il Global Mercury Assessment 2013 afferma che l’aumento dei prezzi del pregiato minerale è alla base della rinnovata vivacità d’estrazione da parte delle piccole imprese. A ciò si aggiunge il progressivo processo di industrializzazione che ha investito l’Asia trasformando questo continente nel più grande emettitore di mercurio al mondo (poco meno della metà di tutte le emissioni globali), aggiungendo altro peso sulla bilancia ambientale.

 

Lo studio UNEP valuta, per la prima volta ad un livello globale, le quantità di mercurio che dalla terra vengono rilasciate nei fiumi e nei laghi, elemento fondamentale se si considera che gran parte dell’esposizione umana avviene attraverso il consumo di pesce contaminato. Dall’analisi effettuata risulta in realtà che le emissioni siano rimaste relativamente stabili nel corso degli ultimi venti anni, rimanendo entro le 2mila tonnellate per quello che concerne la produzione umana. Si stima inoltre che circa 200 tonnellate di mercurio si depositano ogni anno nella regione artica, in genere lontano da dove ha avuto origine. Gli studi hanno dimostrato un aumento di dieci volte dei livelli di mercurio in alcune specie di fauna selvatica del luogo negli ultimi 150 anni, dovuto principalmente, si pensa, all’attività umana.