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Living Planet Report, stiamo cancellando la biodiversità

Secondo il rapporto sullo stato mondiale delle biodiversità del WWF, invertire il trend della perdita della ricchezza della vita sulla terra è l’unica possibilità che abbiamo per salvare la natura e salvarci

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WWF, James Morgan: Illegal ivory, Gabon.

 

Compie vent’anni il Living Planet Report, l’istantanea del WWF sulla biodiversità a livello globale

 

(Rinnovabili.it) – Ci vorrebbe un Global Deal per la natura e le persone se veramente vogliamo salvarci e invertire il trend della perdita di ricchezza della vita sulla terra. Il Living Planet Report del WWF festeggia i suoi venti anni con delle rivelazioni che fanno venire tutt’altro che voglia di festeggiare: un declino del 60% nella dimensione delle popolazioni dei vertebrati, un’impronta ecologica incrementata del 190% e 3,2 miliardi di persone al mondo il cui benessere è minacciato dal degrado dei suoli. Troppo per garantire benessere e un’alimentazione sostenibile a una popolazione crescente, limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C e ripristinare i sistemi naturali che stiamo perdendo. Pubblicato per la prima volta nel 1998, il Living Planet Report viene realizzato dal WWF in collaborazione con più di 50 esperti e con la Zoological Society of London e fornisce ogni anno un’instantanea sulla biodiversità a livello mondiale.

 

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Attraverso il Living Planet Index, un indicatore dello stato della biodiversità globale, il rapporto ha potuto analizzare i trend degli animali vertebrati (oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi) in tutto il mondo, scoprendo che dal 1970 al 2014 la dimensione delle popolazioni di vertebrati ha subito un crollo di più della metà in meno di 50 anni (declino del 60% a livello globale). Ci sono oltre 8.500 specie a rischio di estinzione, a causa di sovrasfruttamento e modifiche degli ambienti naturali, dovuti in primis all’agricoltura, ma anche ai cambiamenti climatici, all’inquinamento, alle specie invasive (ovvero specie che si sono ritrovate in aree del pianeta diverse da quelle di origine e che hanno minacciato le specie autoctone), alle dighe e alle miniere. La misura del consumo delle risorse naturali, ovvero l’impronta ecologica del nostro consumo, invece, è incrementata negli ultimi 50 anni del 190%. Oggi meno del 25% della superficie terrestre è ancora in situazioni naturali e si stima che questa percentuale si abbasserà al 10% al 2050. Una situazione che mina il benessere di circa 3,2 miliardi di persone. A ciò si aggiunge la perdita dell’87% dell’estensione delle zone umide e un degrado che include anche la perdita delle foreste, con tutte le conseguenze che implicano sulle specie, la qualità degli habitat e il funzionamento degli ecosistemi.

 

Cosa fare dunque? Per il WWF non ci sono dubbi: invertire la curva della perdita della biodiversità. “Da ora al 2020 – si legge nella comunicazione del WWF – abbiamo un’unica finestra di opportunità per formulare una visione di positivo rapporto tra l’umanità e la natura. La Convenzione della Diversità Biologica sta individuando i nuovi obiettivi e i target per il futuro. Questi, insieme agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs), possono diventare la chiave per un contesto di protezione concreta e di efficacia nella tutela della natura e della biodiversità”.

 

Il mondo ha bisogno di una Roadmap dal 2020 al 2050 – ha commentato la presidente del WWF Italia Donatella Bianchicon obiettivi chiari e ben definiti, di un set di azioni credibili per ripristinare i sistemi naturali e ristabilire un livello capace di dare benessere e prosperità all’umanità”.

 

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