La compagnia chiede al Dipartimento degli Affari Interni di prorogare le licenze di esplorazione per il petrolio in Artico per i troppi ritardi
(Rinnovabili.it) – Per favore, dacci il tempo di trivellare. È la richiesta – forse in origine un po’ più formale – inoltrata da Shell al governo americano. La multinazionale del petrolio chiede ad Obama altri 5 anni di concessione per le sue esplorazioni al largo delle coste dell’Alaska. La colpa, come sempre, la danno alla burocrazia: contrattempi e rallentamenti legali, infatti, potrebbero spostare l’inizio delle trivellazioni dopo il 2017, termine in cui scadono alcuni contratti. Per Shell sarebbe uno smacco, dopo 8 anni e 6 miliardi di dollari spesi alla ricerca del petrolio nel mare di Beaufort e in quello di Cukchi (una parte dell’Oceano Artico). Ecco perché ha inviato una preoccupata lettera al Dipartimento degli Affari Interni in cui afferma che sono a rischio le «prudenti» ricerche prima di una scadenza delle licenze. La missiva reca la data di luglio, ed era rimasta dentro un cassetto finché l’organizzazione ambientalista Oceana, con una richiesta di accesso agli atti, non è riuscita ad ottenerla e a renderla pubblica 48 ore fa.
«A dispetto dei nostri grandi sforzi e della nostra provata alacrità, circostanze fuori dal controllo di Shell hanno impedito, e continuano a impedire all’azienda di portare a termine anche il primo pozzo esplorativo». Sono le parole di Peter Slaiby, vice presidente di Shell Alaska, scritte all’ufficio regionale del Bureau of Safety and Environmental Enforcement. Che ha risposto di essere ancora al vaglio della richiesta. Anche perché Shell non è stata rallentata da eventi fuori dal suo controllo, ma ha fatto dei passi falsi. Come nel gennaio 2013, quando una delle sue piattaforme è andata alla deriva, per poi incagliarsi sulle coste di un’isola disabitata.
I piani della multinazionale per le esplorazioni in Artico comprendono una piattaforma per la trivellazione e un sistema di contenimento delle perdite. La compagnia però è stata denunciata da gruppi ambientalisti contrari alla ricerca di petrolio in quelle zone. Ritengono che le difficili condizioni in cui avvengono le operazioni, non consente di svolgerle con la necessaria cura e, soprattutto, in sicurezza. Ora si attende il verdetto della corte, con un dubbio in più: se Shell non ha trovato niente fino ad oggi, ma anzi ha subito parecchi contrattempi e ha rischiato un gravissimo incidente, sarà proprio il caso di prorogarle le licenze?