Bonifiche mai iniziate, risultati delle indagini mai rese pubbliche. Gli ambientalisti denunciano l’assenza del governo sulla Terra dei fuochi
(Rinnovabili.it) – Basta lungaggini, la Terra dei fuochi merita risposte, e il ddl ecoreati è una di queste. Sono le dichiarazioni di Legambiente, che lamenta troppi ritardi nelle analisi, l’inadempienza nelle bonifiche, il mancato risanamento delle falde acquifere. L’occasione per tirare le orecchie al governo è stata la presentazione a Caserta del dossier “Terra dei fuochi, a che punto siamo”, che elenca tutti i capitoli ancora aperti dopo uno dei più grandi scandali che hanno scosso l’Italia negli ultimi anni. A 12 mesi di distanza dalla legge del 6 febbraio 2014, «gli unici dati presentati dai ministeri delle Politiche agricole e forestali, dell’Ambiente e della Salute sullo stato di contaminazione nei 57 Comuni perimetrati (diventati nei mesi successivi 88), risalgono alla conferenza stampa dell’11 marzo 2014».
I risultati delle indagini dirette sui terreni di 51 siti definiti “prioritari e maggiormente a rischio” non sono ancora stati resi noti, anche se erano attesi per lo scorso giugno.
Anche le bonifiche «restano una chimera», denuncia Legambiente: nella maggior parte dei casi le operazioni non sono mai nemmeno iniziate. «Fino ad oggi non sono state previste neanche le attività di risanamento delle falde fortemente contaminate e nelle aree agricole non sono state attivate procedure di analisi e caratterizzazione».
Le ricadute dell’inquinamento pesano anche sulla salute: l’Istituto superiore di sanità ha rilevato un eccesso di mortalità e ospedalizzazione nella popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi. Le cause sono diverse patologie tumorali che hanno coinvolto anche un alto numero di bambini nel primo anno di vita.
Secondo Stefano Ciafani, vice presidente del cigno verde, «per evitare in futuro nuovi scempi ambientali e altre Terre dei fuochi, occorre approvare subito il ddl sugli ecoreati che oggi inizia la discussione in Aula al Senato».
Il testo è osannato da alcuni ambientalisti e criticato dalle Procure. Perché? Si tratta pur sempre di una legge che i magistrati di tutta Italia stanno aspettando, che introdurrebbe il disastro ambientale nel codice penale. Ma il testo uscito dalla Camera era largamente insoddisfacente, perché la legge sarebbe stata di fatto inapplicabile. Secondo Pacelink avrebbe potuto perfino «affossare il processo Ilva». Infatti, per far scattare la condanna, le condizioni necessarie erano l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema, un danno particolarmente oneroso e l’offesa alla pubblica incolumità. La versione del ddl, modificata in extremis dalla Commissione Ambiente della Camera, fa sì che sia sufficiente una qualsiasi di queste tre eventualità, e non tutte insieme.
Tuttavia siamo ancora lontani dalla perfezione: secondo l’associazione Medici per l’Ambiente manca del tutto la tutela della salute.
Inifine, ciliegina sulla torta, il disastro e l’inquinamento saranno punibili se violano specifiche norme amministrative. Se mancano le norme ma non l’inquinamento, scatta comunque l’impunità.