Sono ben 175 le sostanze, soprattutto erbicidi, trovate nelle acque superficiali e sotterranee italiane nel 2012. Una vera e propria bomba chimica dagli effetti ancora poco conosciuti
Nelle acque italiane scorre un vero e proprio cocktail chimico. A rivelarlo è l’Ispra nella nuova edizione del Rapporto nazionale Pesticidi, il documento che raccoglie e rielabora tutti i dati provenienti da Regioni e Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, in merito alla contaminazione di queste sostanze. La relazione, che nello specifico si riferisce alle indagini svolte nel periodo 2011-2012, rivela che nei corpi idrici de Belpaese, sia quelli superficiali che quelli sotterranei, sono dispersi un gran numero di prodotti fitosanitari dagli effetti su salute e ambiente ancora poco conosciuti. Nel mix di sostanze chimiche appaiono 175 nomi diversi di molecole dalla non sempre spedita pronuncia. Si tratta spiega l’Ispra per lo più di erbicidi il cui utilizzo diretto sul suolo ne facilita la migrazione nelle acque soprattutto se impiegati in maniera concomitante a intense precipitazioni. Questa classe di sostanze è anche tra quelle che hanno determinato più di frequente il superamento degli standard di qualità ambientale. Un ruolo particolare, rivela il rapporto, lo riveste l’atrazina, molecola a elevata persistenza ambientale: nonostante non sia più utilizzata dagli anni ’80, (la messa al bando definitiva è avvenuta però solo nel ’92) presenta ancora una contaminazione importante, soprattutto nelle acque sotterranee, dove a livello nazionale è presente in 134 punti con valori sopra al limite di 0,1µg/l.
E nonostante nei 27.995 campioni analizzati le concentrazioni di pesticidi rilevate siano spesso basse, la loro diffusione sembra conoscere pochi limiti, al punto da esser stati rinvenuti nel 56,9% dei 1.355 punti di monitoraggio delle acque superficiali. In questo caso le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento dei limiti di qualità ambientali sono il glifosate e il suo metabolita AMPA, il metolaclor, il triciclazolo, l’oxadiazon, la terbutilazina e il suo principale metabolita.
Situazione non troppo dissimile per i dati inerenti alla contaminazione delle acque sotterrane: qui i superamenti dei limiti toccano il 6,3% dei 152 punti di monitoraggio, mostrando anche in questo caso un ricco mix di sostanze: bentazone, metalaxil, terbutilazina e desetil-terbutilazina, atrazina e atrazinadesetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide, metolaclor.
Se l’analisi si sposta sul livello regionale, il risultato è ancora una volta fortemente disomogeneo. La presenza di pesticidi risulta, infatti, più diffusa nella pianura padano veneta, ma il dato è in parte falsato dalle indagini meno efficaci svolte al Sud rispetto al Nord; da Molise e Calabria ad esempio non è pervenuto nessun dato e in altre Regioni la copertura territoriale è limitata, così come il numero delle sostanze cercate.