Le prime indiscrezioni sul nuovo report dell'IPCC mettono in luce i dubbi degli esperti climatici sulle tecnologie di gestione della radiazione solare
Le prime indiscrezione sul nuovo report ONU riguardano la geoingegneria
(Rinnovabili.it) – La geoingegneria è per molti una delle armi da schierare nella lotta al riscaldamento globale. L’idea di modificare artificialmente l’ambiente e il clima è passata dall’essere considerata “l’estremo piano B” a una delle proposte legittimate da una discreta parte del mondo scientifico. Quella stessa parte che ormai da tempo fa pressioni al Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) dell’ONU, affinché queste tecnologie assumano un ruolo determinante nella discussione climatica.
E, nel 2013, l’IPCC ha aperto per la prima volta le porte all’ipotesi geoingegneristica, introducendo in maniera blanda l’argomento nel suo quinto rapporto di valutazione. Il tema ritorna ad essere protagonista del nuovo report, atteso per ottobre di quest’anno, in maniera decisamente più approfondita. La Reuters ha potuto consultare una bozza del documento rivelando l’ampio spazio concesso a tecnologie come la “Solar Radiation Management” (SRM), che comporta la diffusione di aerosol artificiali riflettenti. Ma, secondo le prime indiscrezioni ottenute, l’IPCC avrebbe teoricamente bocciato la geoingegneria definendola, in via potenziale, “economicamente, socialmente e istituzionalmente non attuabile”.
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Il rapporto analizza in alcune centinaia di pagine i modi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius sopra i valori preindustriali. Il testo potrebbe ancora cambiare in maniera sostanziale ma, per ora, affronta con un approccio critico diverse tecnologie di modifica del clima. Gli autori evidenziano, ad esempio, i problemi legati alla gestione delle radiazioni solari. Questa tecnica utilizza aeroplani o palloncini per disperdere particelle riflettenti di specifici aerosol nella stratosfera che riflettano i raggi solari nello spazio, rallentando così il riscaldamento terrestre. Tra i problemi ravvisati c’è la necessità di elaborare regole universali dal momento che una soluzione implementata da una singola nazione, o persino una singola società, potrebbe disturbare i modelli meteorologici globali. Senza contare, si legge nella bozza, che ne “risulterebbe un ‘problema di dipendenza’: una volta iniziato, è difficile smettere”.