Il presidente dell’IPCC, Rajendra Pachauri, ritiene che il patto sul taglio delle emissioni fra Pechino e Washington sia troppo poco per il clima
(Rinnovabili.it) – «Un accordo tra Cina e Stati Uniti per combattere il riscaldamento globale è incoraggiante, ma non è abbastanza coraggioso». È questo il messaggio lanciato da Rajendra Pachauri, presidente dell’IPCC (Interngovernmental Panel on Climate Change), all’indomani del patto sul taglio delle emissioni tra Obama e Xi Jinping, reso pubblico con una stretta di mano durante il vertice Apec (Asia Pacific Economic Cooperation). Gli USA hanno garantito un abbattimento della CO2 pari al 26-28% (rispetto ai livelli del 2005) entro il 2025. La Cina ha promesso che prima del 2030 raggiungerà il picco delle emissioni di gas serra, per poi cominciare a diminuirle anche grazie all’implementazione delle energie rinnovabili. Il dragone punta a raggiungere il 20 per cento di clean energy nel suo mix energetico, con investimenti corposi che, tuttavia, riguardano anche il nucleare. In ogni caso è la prima volta che Pechino fissa un tetto alla CO2, fatto che sa di svolta storica. Ma il valore simbolico di un accordo tra i due peggiori inquinatori del mondo è stato propagandato più di quello pratico.
«È un buon inizio e spero che la comunità globale segua questo cammino e magari lo implementi», ha commentato Pachauri. Ma poi ha riconosciuto che si tratta di ben poca cosa rispetto agli obiettivi di emissioni zero entro il 2100 che l’IPCC ha fissato, per evitare il peggio, con la presentazione del suo ultimo report il 2 novembre scorso. Con questo genere di accordi non siamo al riparo da quelli che il panel di scienziati ha definito «gravi, diffusi e irreversibili impatti» del clima sulla società umana e la natura. La speranza dell’Onu, tuttavia, è che il patto USA-Cina sia di sprone alle oltre 200 nazioni che si riuniranno alla Cop di Parigi 2015. Il dibattito fra Paesi sviluppati ed economie emergenti è acceso: questi ultimi chiedono all’Occidente di fare di più visto che ammorbano l’aria dai tempi della rivoluzione industriale, i primi invece vorrebbero far digerire loro sia i tetti che i tagli alla CO2. In questa scaramuccia, la cooperazione Pechino-Washington potrebbe fare – chissà – da collante. Ma da questo embrione di consapevolezza deve nascere un nuovo accordo, perché se è vero che la decisione degli Stati Uniti taglierà un 16% delle emissioni rispetto al 1990, è anche vero che per sperare di mantenere il global warming sotto i 2 °C servirebbero interventi in grado di ridurre del 40% entro il 2020.