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Rimuovere gli interferenti endocrini dalle acque reflue, quali sono le tecnologie migliori?

Esperti di trattamento delle acque e decontaminazione ambientale hanno passato in rassegna le tecniche di rimozione dei contaminanti, verificando quelle più efficaci nella rimozione gli interferenti endocrini

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Credits: Aliaksei Smalenski © 123rf.com

Il trattamento delle acque domestiche, istituzionali e industriali richiede processi efficienti

(Rinnovabili.it) – Un team di esperti ha analizzato le tecniche attualmente a disposizione per la decontaminazione delle acque reflue mettendo in evidenza le più efficienti nella rimozione degli interferenti endocrini.

Attualmente i sistemi di depurazione lasciano passare circa la metà dei contaminanti presenti nelle acque reflue. La ricerca si sta per questo muovendo verso lo sviluppo di tecnologie che migliorino il processo di trattamento idrico. In questa direzione va il lavoro di Jean-François Blais, scienziato dell’Institut national de la recherche scientifique (INRS, in Québec), che ha intrapreso una collaborazione con un team di colleghi canadesi. I ricercatori si sono concentrati sull’esame delle tecnologie al momento a disposizione nei sistemi depurativi per scoprire quale avesse un risultato migliore contro gli interferenti endocrini, sostanze chimiche pericolose che possono provocare disturbi ormonali.

Le migliori tecnologie per il trattamento degli interferenti endocrini

Tra le soluzioni migliori per lo scopo gli scienziati indicano l’ozonizzazione. L’ozono è un potente gas ossidante che genera una reazione chimica che abbatte gli inquinanti. L’impianto di trattamento delle acque reflue Jean-R-Marcotte utilizza questa tecnologia per la decontaminazione di tutte le acque reflue di Montréal.

Menzione speciale anche per l’adsorbimento con carbone attivo, un materiale poco costoso che, sia in polvere sia in forma granulare, assorbe efficacemente i contaminanti.

Il team capeggiato da Blais ha analizzato anche i processi di elettro-ossidazione e i bioreattori a membrana. L’elettro-ossidazione impiega due elettrodi che degradano gli inquinanti, mentre il secondo metodo combina una membrana che filtra alcuni contaminanti e dei microorganismi che degradano quanto passa attraverso la membrana. Si tratta di due approcci ancora in via di sviluppo presso l’INRS, nel Laboratorio di elettrotecnologie ambientali e processi ossidativi del professor Patrick Drogui.

“Tutte queste tecnologie emergenti hanno il vantaggio di poter essere aggiunte agli impianti di trattamento esistenti, per lo più a valle degli attuali sistemi”, ha spiegato Blais. Si tratta quindi di tecnologie che potrebbero migliorare notevolmente il trattamento delle acque, senza dover modificare gli impianti attualmente esistenti.