La Commissione UE ha avvisato Roma per gli sforamenti registrati nel 2022. L’Italia ha 2 mesi per rispondere e dimostrare che le misure messe in campo contro l’inquinamento sono state adeguate. Se non riterrà soddisfacente la spiegazione, l’UE potrebbe deferire di nuovo il Belpaese alla Corte di giustizia UE, che ha già condannato l’Italia nel 2020 per gli sforamenti tra il 2008 e il 2017
Uno studio certifica che la qualità dell’aria in Europa è migliorata negli ultimi 20 anni
(Rinnovabili.it) – L’Italia non ha rispettato la sentenza della Corte di giustizia UE del 2020 sull’inquinamento atmosferico. Ancora nel 2022, il Belpaese ha registrato sforamenti dei valori limite giornalieri in 24 zone di qualità dell’aria e di quelli annuali in un’altra zona. Per questo Bruxelles ha deciso di aprire una nuova procedura di infrazione sulla qualità dell’aria in Italia.
La sentenza del 2020 sulla qualità dell’aria in Italia
La sentenza della Corte di giustizia riguardava gli sforamenti dei valori di PM10 tra 2008 e 2017 ed era scaturita da una prima procedura di infrazione avviata dall’UE nel 2014. I limiti, secondo il tribunale, erano stati superati “in maniera sistematica e continuata”. Roma aveva provato a opporsi sottolineando che in alcuni anni di quel periodo i valori erano rientrati nella norma, ma la Corte aveva rigettato l’argomento perché, ai sensi della direttiva UE sulla qualità dell’aria, ogni paese membro è tenuto a rispettare i limiti entro una certa data e a evitare ogni sforamento da lì in avanti.
Nuova procedura di infrazione per Roma
Il 13 marzo è arrivata una seconda procedura di infrazione, questa volta relativa al 2022. L’Italia ha “2 mesi per rispondere e rimediare alle carenze segnalate dalla Commissione”. Se la risposta di Roma non sarà ritenuta “soddisfacente”, Bruxelles potrebbe decidere di deferire di nuovo l’Italia alla Corte di giustizia UE “con la richiesta di irrogare sanzioni pecuniarie”.
La decisione di Bruxelles stavolta scaturisce dal contesto del Green Deal europeo e dall’obiettivo “inquinamento zero”, che “richiede la piena attuazione delle norme in materia di qualità dell’aria per proteggere efficacemente la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale”, sottolinea la Commissione UE. In presenza di sforamenti, gli stati UE sono tenuti ad “adottare misure per ridurre quanto più possibile la durata del periodo di superamento dei limiti”. L’Italia ha sì “adottato alcune misure”, ma l’entità degli sforamenti viene giudicata troppo ingente e i provvedimenti presi insufficienti.
Migliora l’inquinamento atmosferico in UE
Ancora una volta l’Italia va in controtendenza rispetto a gran parte del resto d’Europa. Uno studio pubblicato lo stesso giorno dell’avvio della procedura di infrazione, infatti, certifica che negli ultimi 20 anni la qualità dell’aria nel continente è migliorata. Anche se di poco. A livello generale, il PM10 è sceso in 2 decenni del 2,72% l’anno, il PM2.5 del 2,45% l’anno e gli NO2 dell’1,72% annuo.
L’Italia, si ricava dallo studio pubblicato su Nature Communications, resta un hotspot di scarsa qualità dell’aria. Tra 2003 e 2019 “i PM2.5 e i PM10 sono stati più alti in Nord Italia e in Europa orientale”, mentre “elevate emissioni di NO2 sono state osservate principalmente nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale”, si legge nello studio.
Nonostante i miglioramenti, però, lo studio condotto dall’ISGlobal di Barcellona rimarca che quasi nessuna parte d’Europa rispetta i valori soglia consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che ha abbassato i limiti nel settembre 2021. “Nonostante i progressi nella qualità dell’aria, l’86,3% degli europei sperimenta almeno un giorno di sforamenti multipli all’anno, in particolare per PM2,5-NO2 e PM2,5-O3”, scrivono gli autori. Secondo l’OMS, circa il 98% degli europei vive in aree con livelli insalubri di PM2.5, l’80% per i livelli di PM10 e l’86% per i livelli di NO2.