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Inquinamento da PFAS: è “un problema nazionale”, servono limiti uniformi

La relazione della commissione Ecomafie sulle sostanze perfluroalchiliche chiede l’introduzione di soglie uniformi e valide per tutto il territorio nazionale. I casi più preoccupanti in Veneto e Piemonte

PFAS: commissione Ecomafie, “servono limiti nazionali uniformi”
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La contaminazione da PFAS dev’essere “al centro dell’agenda di Cingolani”

(Rinnovabili.it) – Servono limiti all’inquinamento da sostanze perfluroalchiliche uniformi su tutto il territorio nazionale. Come riferimento si possono adottare le soglie suggerite dall’Istituto superiore di sanità (ISS) e dall’ISPRA. Un tema, quello dei PFAS, che il ministro del MiTE Cingolani dovrebbe porre al centro della sua agenda politica. Sono le richieste che emergono dalla relazione sulla contaminazione causata da queste sostanze chimiche dannose per la salute umana presentata ieri dalla Commissione Ecomafie, curata dai deputati Stefano Vignaroli (M5S), Chiara Braga (Pd) e Alberto Zolezzi (M5S).

Inquinamento da Pfas, un “problema nazionale”

Lo Stato deve agire perché “si tratta di un intervento indispensabile per la tutela dell’ambiente e non più derogabile”, scrivono gli autori della relazione. Quello della contaminazione da Pfas non è una questione circoscritta o al massimo regionale, come potrebbe far pensare il caso più famoso, quello del Veneto, dove l’inquinamento della falda acquifera riguarda centinaia di migliaia di cittadini. Si tratta, al contrario, di un problema “nazionale” che “interessa tutti”.

I PFAS ammorbano soprattutto le Regioni del Nord e il bacino del Po, a causa “della molteplicità delle attività produttive in cui vengono impiegate le sostanze perfluoroalchiliche”. La relazione precisa però che i due casi più gravi “sono localizzati nella regione Veneto e nella regione Piemonte, per la presenza dei due stabilimenti produttivi Miteni di Trissino e Solvay di Spinetta Marengo”.

Il ponte tra Nord e PFAS è il fitto tessuto industriale. Queste sostanze sono impiegate in diversi processi industriali (tessile, concia pelli, carta, trattamenti galvanici), ma hanno anche degli usi domestici. Prodotti fin dagli anni ’40, si trovano nelle pellicole antiaderenti di pentole e padelle, nel trattamento di alcuni tessuti, come il Goretex, oppure nei processi produttivi di rivestimenti di vari materiali per conferire resistenza all’olio e all’acqua. E ancora, i PFAS si trovano nelle schiume antincendio, in alcuni materiali edili, in alcuni pesticidi e detergenti.

L’ampia gamma di usi industriali si somma alla loro scarsa degradabilità, che li rende facilmente accumulabili nell’uomo e difficili da smaltire, tanto che si sono guadagnati l’etichetta di “forever chemicals”, sostanze chimiche perenni. La relazione della Commissione Ecomafie sottolinea che “la loro diffusione è facilitata dalla loro forte idrosolubilità, con la conseguenza che si diffondono molto velocemente in ambiente idrico”, “sono molto persistenti nell’ambiente e quindi contaminano con facilità il suolo, l’aria e soprattutto le acque, sia sotterranee che superficiali”. In più, “si accumulano nel biota, passando nell’uomo attraverso la catena alimentare, in particolare, attraverso l’uso dell’acqua potabile, ma anche attraverso gli alimenti”.