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Inquinamento: la formazione delle nanoplastiche è più rapida di quanto si pensi

Una ricerca dell'Università di Cork mette in guarda sulla formazione delle nanoplastiche, con conseguenze significative per la catena alimentare.

Nanoplastiche
Credits: Eak K. da Pixabay

Da microplastiche a nanoplastiche in meno di 4 giorni, grazie ad un piccolo invertebrato d’acqua dolce

(Rinnovabili.it) – I ricercatori dell’University of Cork hanno scoperto che le microplastiche presenti in acqua dolce vengono scomposte in nanoplastiche in tempi molto più rapidi di quanto si prevedesse. Il termine “microplastica” si riferisce a piccoli pezzi di materiale inferiori a 5 mm. Di contro, l’espressione “nanoplastica” definisce misure almeno 5000 volte più piccole, inferiori a 1 µm.

I risultati della ricerca hanno conseguenze significative per la comprensione del ciclo della plastica nel nostro ambiente, soprattutto rispetto alle ripercussioni sulla catena alimentare. Fino ad ora, infatti, si pensava che la “rottura” della plastica avvenisse principalmente attraverso processi molto lenti. In ambiente marino, ad esempio, luce solare o l’azione delle onde possono richiedere addirittura decenni.

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Tuttavia, il team di ricerca ha individuato un animale invertebrato, molto comune nei corsi di acqua dolce, che è in grado di rompere rapidamente le microplastiche e ridurle in nanoplastiche in poche ore. “Abbiamo scoperto che un anfipode d’acqua dolce, il Gammarus duebeni, è in grado di frammentare le microplastiche in diverse forme e dimensioni, tra cui le nanoplastiche, in meno di quattro giorni, ha dichiarato Alicia Mateos-Cárdenas, ricercatrice dell’Istituto di ricerca ambientale dell’University of Cork.

I risultati di questo studio, pubblicato su Scientific Reports, hanno soprattutto conseguenze nella valutazione degli impatti della plastica sulla vita degli animali. Mentre le microplastiche possono rimanere bloccate nell’intestino di uccelli marini e di pesci, le attuali conoscenze scientifiche suggeriscono che le nanoplastiche potrebbero penetrare nelle cellule e nei tessuti, dove i loro effetti potrebbero essere molto più difficili da prevedere.

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Infatti, gli invertebrati simili al Gammarus duebeni sono molto importanti negli ecosistemi, perché prede di pesci e uccelli. “I dati di questo studio ci aiuteranno a comprendere il ruolo degli animali nel determinare il destino della plastica nelle nostre acque, ma sono urgentemente necessarie ulteriori ricerche per misurare l’impatto di queste particelle”, ha concluso Mateos-Cárdenas.