Il Belpaese supera mediamente di tre volte la soglia annuale di concentrazione di PM2.5 consigliata dalle nuove linee guida dell’OMS. In Europa soltanto Islanda, Estonia e Finlandia restano sotto questo limite. La classifica globale nel rapporto di IQAir
Più del 60% di PM2.5 origina dalla combustione delle fonti fossili
(Rinnovabili.it) – Sono solo 7 i paesi al mondo che rispettano le nuove soglie di sicurezza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulle polveri sottili PM2.5. A restare sotto i 5 µg/m3 sono Estonia, Islanda e Finlandia in Europa, Australia e Nuova Zelanda in Oceania, le isole Mauritius nell’oceano Indiano e la piccola Grenada nei Caraibi. Tutti gli altri 127 paesi monitorati da IQAir nel consueto rapporto sull’inquinamento globale sforano i limiti annuali.
L’azienda svizzera che produce ogni anno il rapporto si basa sui dati rilevati da circa 30.000 centraline e sensori low-cost che rilevano la qualità dell’aria in 134 paesi. I dispositivi sono gestiti da istituti di ricerca, enti governativi, università e strutture educative, organizzazioni non governative senza scopo di lucro, società private e anche citizen scientists.
Gli hotspot dell’inquinamento globale
Al fondo della classifica di IQAir si trovano, ancora una volta, Bangladesh, Pakistan e India. Il subcontinente indiano si attesta, nel 2023, su livelli di inquinamento globale da 10 a 15 volte più alti di quelli raccomandati dall’OMS nelle linee guida aggiornate nel 2021, dai 54,4 µg/m3 di Nuova Delhi ai quasi 80 di Dacca. Su valori analoghi si piazzano anche Tajikistan e Burkina Faso, entrambi con livelli di PM2.5 9 volte superiori alle soglie OMS.
Se si calcola il livello di qualità dell’aria in rapporto alla popolazione, le regioni più inquinate al mondo sono tutte concentrate tra Africa e Asia centrale e meridionale. Con un avvertimento: il rapporto 2023 copre solo 24 paesi africani su 54 e il Burkina Faso, alla sua prima apparizione nel rapporto giunto alla 6° edizione quest’anno, si è subito classificato in top 5. E il Ruanda si è piazzato subito 15°.
Dietro questi livelli di PM2.5 c’è, principalmente, la combustione di fonti fossili. È da questa fonte che origina circa il 60% delle polveri più sottili in tutto il mondo. I PM2.5 sono composti da solfati, nerofumo, nitrati e ammonio, e ciascuna fonte ha una sua “firma” chimica specifica che permette di risalire all’origine delle emissioni. Tra le altre fonti legate all’attività umana ci sono i processi industriali, la produzione di energia, la combustione di carbone e legna, ma anche le attività agricole e l’edilizia. Le fonti naturali, invece, includono principalmente incendi e tempeste di sabbia.
L’esposizione ai PM2.5 è direttamente collegata a problemi di salute tra cui malattie cardiovascolari, malattie neurologiche e aumento del rischio di morte prematura. L’inquinamento globale, stima l’OMS, è la causa di 1 decesso su 9 in tutto il mondo e provoca almeno 7 milioni di morti premature ogni anno a livello globale.
Europa e Italia, l’inquinamento nel 2023
Secondo le rilevazioni di IQAir, sono molti i paesi europei che riescono a rimanere vicini alle soglie OMS. A livelli al massimo doppi rispetto alla soglia di 5 µg/m3 si attestano Svezia, Norvegia, Irlanda, Portogallo, Danimarca, Gran Bretagna, Lettonia, Olanda, Lussemburgo, Svizzera, Germania, Belgio, Francia, Austria e Spagna. L’Italia è nettamente più indietro, al 71° posto in classifica, con una media nazionale di 15 µg/m3. Peggio della Polonia, appena meglio della Romania. Non va molto meglio nella classifica delle capitali, con Roma che si piazza al 69° posto con 13,1 microgrammi per metro cubo, analogo ai livelli di inquinamento di Varsavia e di Sofia.