Oltre all’alessandrino, anche le province di Torino, Novara e Ivrea registrano valori preoccupanti di alcuni composti chimici noti come “forever chemicals”, di recente riconosciuti dall’OMS come cancerogeni per l’uomo. Greenpeace presenta esposti alle procure competenti
Sono 70 i Comuni piemontesi interessati da inquinamento da PFAS
(Rinnovabili.it) – La gestione dell’inquinamento da PFAS da parte di regione Piemonte è “fuori controllo”. Mentre più di 125mila piemontesi potrebbero aver bevuto acqua potabile contaminata da PFOA, una molecola appartenente al gruppo dei PFAS che di recente l’OMS ha classificato come cancerogena per l’uomo, la regione sminuisce il problema e nasconde i dati. Facendo finta che la questione non si stia allargando a parti di territorio sempre più ampie.
L’inquinamento da PFAS tocca 70 Comuni in Piemonte
Sono le ragioni dietro gli esposti presentati da Greenpeace presso le procure territorialmente competenti di Torino, Ivrea, Alessandria e Novara, dove è stata accertata la contaminazione da queste sostanze nelle acque potabili. “Chiediamo alla magistratura di indagare perché finora chi dovrebbe garantire la sicurezza della cittadinanza si è limitato a cercare di sminuire il problema, sostenendo che i valori che abbiamo rilevato sono nella norma”, scrive in una nota l’associazione.
Un’inchiesta di Greenpeace pubblicata all’inizio di febbraio sosteneva che il problema dell’inquinamento da PFAS – i cosiddetti ‘forever chemicals’ perché non si degradano nell’ambiente e finiscono per accumularsi lungo le catene trofiche – non è più limitato solo all’alessandrino ma riguarda anche altre province piemontesi. In tutto 70 Comuni compreso Torino. Vicino ad Alessandria, a Spinetta Marengo, si trova l’unico stabilimento in Italia dove c’è ancora una produzione attiva di PFAS.
Finora, però, le autorità competenti hanno dichiarato di aver registrato solo valori nella norma. Mentre Greenpeace sottolinea due questioni. La prima: le analisi indipendenti hanno rivenuto PFAS anche in aree che oggi non sono monitorate, e questo potrebbe significare che stiamo sottovalutando il problema.
Secondo e decisivo punto: “i limiti attuali imposti dalle norme europee, (pari a 100 nanogrammi per litro per la somma di 24 molecole) che entrerà in vigore tra l’altro solo nel 2026, ci espongono a dosi pericolose di queste sostanze. Per questo chiediamo alla magistratura di prendere tutti i provvedimenti cautelari del caso per impedire che si continui a somministrare alla popolazione acque contenenti PFAS”.
“Chiediamo inoltre di verificare se, considerato lo stato di inquinamento permanente di queste aree, sussistano le condizioni per ipotizzare i reati di disastro ambientale o innominato, e per omissione di atti d’ufficio conseguente il mancato rispetto della normativa sull’accesso agli atti”, continua l’associazione, che dopo le inchieste sull’inquinamento da PFAS in Veneto e in Lombardia continua a chiedere una legge nazionale per monitorare e contrastare questo fenomeno.